Non è finita: Covid-19 è sempre in agguato e si nutre della nostra imprudenza
di Guido Leo|
Leggo da un giornale online la lettera di una giovane ragazza che, contagiatasi in discoteca, ha infettato tutta la sua famiglia. La maggior parte dei familiari non ha avuto sintomi ad eccezione del nonno, finito in ospedale, ma ora sta rimettendosi e del padre che, intubato in rianimazione, lotta contro la morte da due settimane.
Questa vicenda rappresenta benissimo la Covid estiva, che non mi pare poi così differente da quella vista la scorsa primavera, e così potrei concludere la mia riflessione.
Però, penso, forse non è colpa di Martina che è andata in discoteca, ma dell’Autorità che ha consentito a quel locale l’attività. E, forse, non è nemmeno colpa del medico di famiglia che non ha diagnosticato precocemente alla ragazza la malattia causata da un virus che “non esiste più”, come alcuni noti esperti sostengono. Ed il povero papà, che non si è negato all’affetto della figlia, convinto che non avendo quasi sintomatologia non corresse alcun rischio, non si è forse fidato di quella organizzazione sanitaria internazionale che afferma solennemente che il rischio di trasmissione del virus da parte degli asintomatici è “bassissimo”?
Insomma, siamo di nuovo preda di informazioni che, profanando la scienza per ragioni affatto differenti (economiche, politiche, personali) confondono la popolazione e, di conseguenza, facilitano la vita al virus che, del tutto ignaro di queste ragioni, continua a fare il suo lavoro: infettare per sopravvivere. Lo riscrivo: infettare per sopravvivere. E ciò dovrebbe chiarirci anche molte cose sul nostro modo di opporci al Coronavirus, per esempio…
Ora possiamo sostenere che la situazione non sia grave come a marzo scorso. C’è del vero: è minore il numero dei casi e dei ricoveri, ma non dimentichiamoci che viviamo all’aperto, molti luoghi di lavoro sono chiusi e, comunque, usiamo le mascherine.
Certo possiamo ancora annunciare che il virus è mutato, è meno aggressivo, ma qualsiasi medico sa che ogni virus, ogni batterio, ha delle varianti più o meno virulente e che comunque la gravità di una patologia dipende anche dalla risposta dell’ospite, come dimostrano i pur pochi decessi che ancora registriamo (ma una morte evitabile è poi poca cosa?) Allora, bando alle illusioni, e prepariamoci con serietà alla Covid 1.3 prossima ventura, l’autunno. Le regole fondamentali sono sempre tre: distanziamento, mascherine e lavaggio delle mani, quest’ultima è meno rilevante delle prime due, ma un po’ d’igiene personale non guasta.
E allora, si diceva, distanziamento: un metro all’aperto è sufficiente, ma può non bastare nei luoghi chiusi. È stata, infatti, dimostrata la presenza di aerosol contenenti virus vitali sino a 3-4 metri dalla fonte. Laddove tali distanze non possono essere mantenute diventa indispensabile l’uso della mascherina per tutti i presenti, indossata sempre, bene, e sostituita almeno quotidianamente. I luoghi pericolosi, nella fase 1.3, saranno quindi come sempre i luoghi di lavoro, ma anche quelli di svago e ristorazione e le scuole.
Ultimo, ma non meno importante argomento, è quello dei controlli.
Non è giusto lasciare alla sensibilità del singolo la responsabilità del contenimento di una pandemia e alla povera Martina il senso di colpa per essere andata una volta in discoteca! Ci deve essere una responsabilità oggettiva, perseguibile e sanzionabile, a carico di chi non effettua i controlli. La Pubblica Amministrazione quando, attraverso le sue varie emanazioni, consente gli assembramenti nei luoghi pubblici (sciogliere gli assembramenti, si diceva in vecchio gergo questurino!), il gestore dei locali o il datore di lavoro negli ambienti privati. E non mi spingo a dire che bisognerebbe che alcune persone, prima di rilasciare interviste, contassero sino a dieci pensando alle conseguenze delle loro affermazioni. Usare il buon senso non è limitare certo la libertà.
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