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No alla violenza: la scuola non diventi un’altra fragilità del Paese

di Menandro|

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La scuola non è alla ricerca di violenze, con il solito campionario di bastoni, aste metalliche, uova e lattine di vernice, come quelle di ieri, venerdì 18 febbraio, davanti alla sede della Confindustria di Torino. La scuola ha bisogno di buoni docenti e buoni libri. Negli scontri con le forze dell’ordine che proteggevano l’ingresso della sede confindustriale, sette tra carabinieri e poliziotti sono stati costretti a ricorrere al Pronto soccorso. Le responsabilità sono state addossate a “infiltrati”, figuri incappucciati che gli inquirenti associano ai Centri sociali. Chiunque siano, gli studenti hanno il dovere di isolarli. Nessuna indulgenza alla violenza premeditata e pianificata che si alimenta nelle scuole, che fa opera di reclutamento e proselitismo tra gli studenti, alla voglia di scontro fisico strisciante che si confonde nei cortei pacifici. Il film è già stato troppe volte proiettato sullo schermo della nostra storia. Conosciamo a memoria i primi fotogrammi e i titoli di coda con i necrologi che li precedono. Due anni di pandemia, mesi di lezioni a distanza, incertezze e programmi di studio a singhiozzo con inevitabili vuoti di preparazione, suggeriscono di ridare voce al settore con provvedimenti concreti e realizzabili. Voce non urla. Tuttavia le voci degli studenti a Torino e in altre città con manifestazioni di protesta contro le morti di Giuseppe (16 anni) e di Lorenzo (18 anni), giovani di in aziende all’interno del progetto alternanza scuola-lavoro rischiano però di essere fuorvianti rispetto al cuore del problema: la credibilità della scuola come strumento didattico e formativo.

#Manifestazioneprotestastudenti #Menandro #ScontriTorinocentrisociali

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