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Memoria incancellabile: la strage del 18 dicembre 1922

Aggiornamento: 18 dic 2023


Come ogni anno, il Comune di Torino insieme con i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, l'ANPPIA (Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti), hanno ricordarto la Strage fascista del 18 dicembre del 1922, quando lo squadrismo torinese, capitanato da Piero Brandimarte, che tre anni prima aveva costituito la prima squadra d'azione piemontese, decise di vendicare la morte di due iscritti al fascio torinese uccisi da un militante comunista che avevano cercato di eliminare.

La caccia fascista all'uomo ordinata da Piero Brandimarte

Dal 18 dicembre e per tre giorni, la reazione si trasformò in un'autentica caccia all'uomo per le strade di Torino, presso la Camera del Lavoro e le sedi dei partiti di sinistra. Piero Brandimarte (processato nel Dopoguerra, condannato e poi assolto, morirà nel suo letto con tutti gli onori militari nel 1971, una delle peggiori pagine della giustizia italiana) fu esplicito nell'affermare che i morti fascisti "non si piangono, ma si vendicano", aggiungendo che possedeva l'elenco di oltre 3 000 nomi di sovversivi, 24 dei quali scelti ed "affidati alle nostre migliori squadre, perché facessero giustizia. E giustizia è stata fatta. (...) (I cadaveri mancanti) saranno restituiti dal Po, seppure li restituirà, oppure si troveranno nei fossi, nei burroni o nelle macchie delle colline circostanti Torino".






In quei giorni di rabbia cieca e sordida furono uccisi Carlo Berruti, ferroviere e consigliere comunale del Partito Comunista d'Italia, ucciso nelle campagne di Nichelino; Matteo Chiolero, tranviere e militante socialista, ucciso nella sua casa in via Abegg 7; Erminio Andreone, fuochista delle ferrovie, ucciso davanti alla sua casa (poi bruciata) in via Alassio 25; Pietro Ferrero, anarchico e segretario torinese della Federazione degli operai metallurgici (FIOM), trovato irriconoscibile con la testa fracassata sotto il monumento a Vittorio Emanuele, dopo essere stato legato per i piedi a un camion e trascinato per tutto corso Vittorio Emanuele; Andrea Ghiomo e Matteo Tarizzo, due antifascisti: vennero ritrovati il primo nel prato di via Pinelli con il cranio spezzato e sanguinante, centinaia di ferite sulla testa e su tutto il resto del corpo; il secondo in fondo a via Canova, in un lago di sangue, ucciso da un colpo di clava che gli aveva fracassato il cranio; Leone Mazzola, proprietario di un'osteria e militante socialista, ucciso a colpi di arma da fuoco nel proprio letto nel retrobottega, dove aveva la sua abitazione; Giovanni Massaro, ex ferroviere e anarchico, ucciso a colpi di moschetto vicino alla cascina Maletto di via San Paolo; Cesare Pochettino, artigiano non impegnato in politica; Angelo Quintagliè, usciere dell'ufficio ferroviario "Controllo prodotti", non impegnato in politica, per aver deplorato pubblicamente l'omicidio di Carlo Berruti; Evasio Becchio, operaio e comunista di 25 anni, prelevato da un'osteria e condotto in fondo a corso Bramante dove venne ucciso a colpi di pistola e moschetto.

Il Capo dello Stato Benito Mussolini, telefonando al prefetto di Torino, subito dopo la strage disse: "Come capo del fascismo mi dolgo che non ne abbiano ammazzato di più; come capo del governo debbo ordinare il rilascio dei comunisti arrestati!".


L'intervento della vicesindaca di Torino, Michela Favaro

Di rilievo tra gli interventi alla cerimonia, quello della vicesindaca di Torino Michela Favaro, per alcuni versi davvero inatteso, che ha sostituito il sindaco Stefano Lo Russo. Le sue parole sono state tutt'altro che di circostanza, ma hanno saputo trovare il giusto legame tra la situazione di un secolo fa e quello di oggi, soprattutto nella parte in cui Michela Favaro ha denunciato il tentativo sempre più evidente di limitare con motivazioni strumentali il diritto di sciopero, diritto che rimane una delle libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione. In precedenza aveva preso la parola Chiara Maffè, a nome di Cgil, Cisl e Uil e un rappresentante dell'ANPPIA di Torino, a nome di Bruno Segre, presidente dell'Associazione.



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