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Medici in Piemonte: è "fuga"per stress e frustrazione

La Porta di Vetro

Come si traduce con cifre e considerazioni la "fuga silenziosa della sanità pubblica", tema dell'incontro di ieri, 18 maggio, all'Ordine dei Medici, su cui è intervenuto già con un articolo da questo sito Giulio Fornero?[1] Intanto, come è stato detto nel dibattito moderata dal vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Torino e già Consigliere nazionale Cimo Fesmed Guido Regis, con il malessere che prova il 90 per cento dei professionisti sanitari interpellati a causa di carichi eccessivi, scarso riconoscimento dell’attività svolta e delle fatiche del compito di cura, retribuzione non adeguata, tempo sottratto alla famiglia e alla vita privata, troppi compiti di tipo burocratico. E non si tratta di pure sensazioni giocate sul piano enfatico. Infatti, a sostenere il quadro d'allarme, come si legge in una nota dell'Ordine dei medici, sono i risultati di una ricerca, “Supporto agli operatori sanitari”, un questionario cui hanno risposto 2558 medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi e altre figure professionali della sanità piemontese, predisposto dal Gruppo di lavoro inter-ordini sul benessere degli operatori sanitari[2]. l

I dati raccolti in questi anni, illustrati ieri dalla segretaria regionale Anaao Assomed Chiara Rivetti e dallo psichiatra e psicoanalista Mario Perini, non lasciano grandi margini all'inventiva, poiché fotografano una realtà che pone seri interrogativi in Piemonte, dove dal 2015 al 2022 il numero dei medici ospedalieri, che scelgono di licenziarsi per cambiare lavoro, è cresciuto di oltre 4 volte, passando da 79 a 332 e rappresenta il 4% di tutti i medici ospedalieri della Regione.

La quasi totalità dei medici dimissionari (292 su 332, l’88 per cento), si legge ancora nella nota, ha scelto la libera professione con partita Iva, il lavoro in ambulatori convenzionati o negli ospedali privati, mentre i restanti hanno optato per la medicina convenzionata, diventando specialisti ambulatoriali, medici di famiglia, pediatri di libera scelta. La maggioranza di chi abbandona è donna, le specialità che registrano il maggior volume di dimissioni sono Anestesia e Rianimazione, Psichiatria, Medicina e Chirurgia d’Accettazione e Urgenza.

La ricerca presentata dal dottor Perini, curata dalle psicologhe Daniela Converso e Lara Colombo con il supporto del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, fa emergere alcuni aspetti significativi. Ad esempio, che la retribuzione non adeguata rappresenta sì uno dei maggiori problemi (in particolare per infermieri, educatori, psicologi, ostetriche), ma nel complesso non è il principale, soprattutto per i medici. A provocare malessere e disagio - si sottolinea - sono in primo luogo il carico di lavoro eccessivo e la sensazione che il proprio ruolo e la propria attività non siano riconosciuti dal sistema in cui operano. Fra i commenti al questionario da parte dei professionisti sanitari vengono segnalati come fonte di insoddisfazione il taglio delle risorse, la burocrazia, l'organizzazione inadeguata, l'inadeguatezza degli spazi di lavoro. Le conseguenze di questa situazione sono stress e patologie correlate, tensioni e conflitti con colleghi e, con una certa frequenza, ansia, depressione e distacco, sfiducia verso qualunque iniziativa, demotivazione che spinge ad allontanarsi dal lavoro, a guardare con curiosità il privato da parte di chi opera nella sanità pubblica. Tutto questo si traduce nel bisogno di supporto nello svolgimento della professione, che però appena il 23 per cento di chi ha risposto dichiara di aver ricevuto o di aver individuato autonomamente. In particolare, si ritiene possa essere utile “la dimostrazione che la mia organizzazione di lavoro si preoccupa del mio benessere”, “l’identificazione di modalità operative che riducono lo stress”, “l’opportunità di discutere di pazienti o situazioni che trovo difficili”.

Note

[2] Il Gruppo di lavoro interdisciplinare è l’organismo costituito nel 2022 tra gli Ordini delle professioni sanitarie e sociali, con il compito di studiare il disagio degli operatori e proporre soluzioni sia sul versante del supporto psicologico personale sia in termini di riorganizzazione complessiva dell’attività.

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