La storia di Mario, specchio di una politica ignava
di Daniele Viotti |
La storia di Mario, da dieci anni tetraplegico per un incidente, primo in Italia ad avere ottenuto l’autorizzazione al “suicidio assistito”, ha elementi di tristezza che superano il fatto personale. In altri tempi, si sarebbe detto che la sua vicenda “interroga la politica”. C’è un però: vicende che attengono alle libertà della persona che “interrogano la politica” ne conosciamo da decenni e quel che mette tristezza è che di fronte ai grandi interrogativi la politica non è più in grado di dare risposte. O peggio: non vuole dare risposte. È più che timida. È indolente, negligente, vile. Ignava, appunto. La politica ha deciso di non fare più il suo mestiere che, tra gli altri, è anche quello di affrontare e risolvere i grandi problemi, che definiremmo etici, di una società complessa.
Lascia, la politica, che siano altri ad affrontare e risolvere quel che lei non è capace di affrontare. Infatti, l’autorizzazione al “suicidio assistito” è arrivata a Mario dal Comitato Etico di una ASL delle Marche che ha potuto basare la propria, immagino, dolorosa decisione in forza di una sentenza della Corte Costituzionale del 2019 sul caso assai noto di DJ Fabo. Anche la legge monca sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso arriva in seguito a ripetute sentenze di tribunali italiani ed europei. E quando non ci pensa la giustizia ad affrontare le grandi questioni si lascia che siano direttamente i cittadini ad organizzarsi. Si pensi alla raccolta firme per un referendum sulla legalizzazione del consumo della cannabis.
Si badi: io non sono tra quelli che crede che si debbano trovare accordi sempre su tutto, anzi. In particolare sul tema dei diritti civili ricercare continue mediazioni rischia di produrre leggi inefficaci o inapplicabili. E sono ben contento, perché credo sia sano per la democrazia, che ci sia una parte politica moderata o conservatrice che si oppone a progetti di modernizzazione o di allargamento dei diritti. Ma un conto è opporsi nel merito, altro è opporsi persino alla discussione. Una politica tatticista, attenta solo a contendersi piccole fette di elettorato in genere conservatore, incapace di selezionare classi dirigenti audaci e capaci, si risolve ad affrontare l’ordinaria amministrazione. Talvolta stentando anche in quello. Non vale per tutti, intendiamoci. E ci sono straordinari esempi di donne e uomini che combattono fieri battaglie di progressismo e di libertà. Ma i mulini a vento che hanno di fronte rischiano di essere troppi e troppo grandi.
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