La lezione che arriva dalla Francia: sarà compresa in Italia?
- Mercedes Bresso
- 8 lug 2024
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di Mercedes Bresso

E così la sfida di Macron alla destra ha avuto successo: il Ressemblement National non solo non ha raggiunto la maggioranza assoluta dei seggi ma neppure quella relativa, finendo addirittura terzo, battuto sia dal Nuovo Fronte Popolare, sia da Ensemble, la coalizione governativa.
È però importante osservare come ciò sia stato possibile grazie all’impegno e alla generosità della sinistra che ha non solo proposto l’accordo di desistenza per ritirare quasi ovunque il candidato arrivato terzo al ballottaggio, ma lo ha anche sostenuto con grande vigore. E grazie agli elettori di sinistra che hanno disciplinatamente votato i candidati governativi, malgrado le politiche del governo avessero decisamente virato verso destra e ignorando gli insulti che assimilavano la France Insoumise di Mélanchon alla destra più estrema.
Certo la sinistra radicale francese ha molti difetti, ha preso inaccettabili posizioni antisemite nella guerra in Palestina ed è portatrice di un programma poco realizzabile e di posizioni anti europeiste inesplicabili. Però considerarli equivalenti a una destra filo russa, anti migranti, razzista nei confronti dei francesi con doppia nazionalità e alleata in Europa con la peggiore feccia nazifascista, era poco opportuno, considerato che i suoi elettori sono comunque persone dotate di grande spirito comunitario e, come hanno dimostrato, generose anche se radicali nelle posizioni.
Va osservato che già a poche ore dai risultati, segnali di ragionevolezza e di disponibilità a negoziare sono venuti sia dai socialisti e da Glucksmann, sia dai verdi, dimostrando che il blocco del Nuovo Fronte Popolare non è così compatto come ha voluto fare credere Mélanchon quando ha chiesto subito che fosse nominato primo ministro uno dei loro.
Il presidente dovrebbe però riflettere sul fatto che il risultato migliore è stato della sinistra e che questo manda un segnale, oltre che di attaccamento alla democrazia e di rifiuto delle destre, anche di richiesta di politiche più sociali, che rispondano alle crescenti difficoltà dei ceti popolari e anche di quelli medi, di cui si sono fatti portatori sia la sinistra sia anche la destra, sia pure in modo confuso.
Sarebbe un grave errore non tenere conto di questa domanda potente di cambiamento che sale dai francesi e pensare di poter continuare come prima, con numeri ridotti e magari con l’apporto dei repubblicani.
La Francia profonda ha parlato e vuole dei cambiamenti: se non li otterrà la prossima volta potrebbe votare a destra in modo ancora più massiccio e va ricordato che la presidenziale è una elezione diversa. Ora dunque tocca a Macron dimostrare di avere ascoltato e capito gli elettori, che non hanno certo detto di avere approvato l’azione del suo governo, in particolare di quello precedente. Il giovane e brillante Primo Ministro, Gabriel Attal, ha saputo mandare segnali positivi e ha mostrato di essere disponibile al cambiamento e a un modello di governo “parlamentare” ma difficilmente potrà essere lui a incarnare un accordo ampio, capace di rispondere alla Francia fuori da Parigi, dove la crisi morde di più. Potrebbe però, grazie anche alla riconferma (provvisoria?) da parte di Macron, essere uno dei protagonisti di un accordo trovato in Parlamento, magari con un programma limitato ma chiaramente orientato in senso progressista, come hanno chiesto gli elettori.
I problemi di fronte a cui qualunque governo si troverà sono noti e fanno tremare i polsi: forte indebitamento, spesa pubblica fuori controllo, de-industrializzazione che occorre contrastare, costo della vita troppo alto rispetto ai salari, sistema fiscale regressivo, sanità e politiche sociali in crisi. Sono però gli stessi di fronte a cui si troverà il nuovo governo laburista, di fronte a cui si è trovato il governo socialista spagnolo, di fronte a cui si troverà la sinistra italiana quando riuscirà a ritrovare l’unità e ad andare al governo. Questo è il momento di dimostrare che ridare fiducia e speranza agli elettori impauriti e delusi è possibile ed è compito della sinistra provarci e, naturalmente, riuscirci. L’Europa potrebbe essere la soluzione: insieme ce la potremmo fare e il modello di cooperazione fra popolari socialisti, liberali e magari verdi, è quello giusto non solo a Bruxelles ma forse anche nei nostri Paesi.
Se Macron vuole evitare la catastrofe di consegnare alla fine del suo mandato la Francia all’estrema destra, questo è il momento di agire.
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