La bandiera afghana simbolo della resistenza ai talebani
di Emanuele Davide Ruffino|
Per noi la bandiera era diventata solo più un simbolo sportivo da agitare in occasione di una vittoria sportiva. Poi arrivò la pandemia ed esporre la bandiera sul balcone e cantare l’inno nazionale servì a farci sentire meno soli. Le immagini che arrivano da Kabul ci impongono ora anche un’altra riflessione…
Innumerevoli sono le persone che, nel corso dei secoli, si sono sacrificate per difendere una bandiera. Ma, molto prosaicamente, si era portati a pensare che fossero azioni di un lontano passato, chiuse nei libri di storia delle nazioni. Al contrario, oggi che la televisione ripropone drammatiche immagini di persone che si fanno ammazzare per esporre una bandiera, altrettanto drammaticamente ci riesce arduo comprendere perché in Afghanistan si rischia la vita per esporre una bandiera. Strumenti di identificazione militare nell’antica Roma
I primi usi di drappi e stendardi vanno ricercati nel tentativo dell’uomo primitivo di identificare i luoghi di importanza religiosa o civile. I primi templi non erano altro che aree da dedicare al culto segnalate con tessuti pregiati. La punta di una collina o dove era caduto un fulmine o dove si uniscono due ruscelli o dove si era catturata una bestia feroce furono i primi santuari predisposti dall’uomo, ma per conservarne memoria e accrescerne il fascino dovevano essere facilmente identificati. Le insegne cominciarono ad essere utilizzate dalle tribù delle popolazioni nomadi per permettere a chi si distanziava dal gruppo di potersi facilmente riunire al gruppo. Funzione di grandissima utilità negli scontri armati dove diventava fondamentale individuare con immediatezza dove si trovasse il comandante. Ad istituzionalizzare il ruolo delle insegne fu Gaio Mario console della Repubblica Romana attorno al 104 a.C. che riproposero i simboli tradizionali, normalmente riproducenti animali e, in particolare, l’aquila legionaria, affidata ad un aquilifer. Con Giulio Cesare l’esercito romano divenne una delle organizzazioni maggiormente efficienti che la storia ricordi. E al suo interno, l’importanza delle insegne divenne fondamentale sui campi di battaglia per identificare gli alleati (cui mancavano divise comuni) e, nell’incandescenza degli scontri, l’insegna serviva a monitorare la posizione degli amici e le azioni da intraprendere (da qui, l’importanza di difendere la bandiera). Valore commerciale nell’età delle Repubbliche marinare
La bandiera assunse anche il valore di un marchio commerciale come testimonia la croce di San Giorgio, rossa su campo bianco, issata sulle navi della Repubblica marinara di Genova (la più potente per molti secoli). Essa rappresentava, infatti, una sorta di immunità per chi se ne poteva fregiare e soprattutto la possibilità di attraccare in molti porti del Mediterraneo e del mar Nero (gli stessi pirati si guardavano bene dall’attaccare quelle navi). L’Inghilterra per potersene fregiare, a partire dal 1190, pagò per secoli un tributo annuale (e qualcuno sostiene che il contratto sarebbe ancora valido). L’origine del drappo, come spesso accadeva nel passato, affonda in una leggenda seta al tempo delle crociate: si narra che a Silena, in Libia, in uno grande stagno, si nascondesse un feroce drago che con il fiato uccideva le persone che incontrava. L’intrepido San Giorgio, con il simbolo della croce dipinto in rosso su campo bianco, lo affrontò e lo ferì con la sua lancia e poi chiese alla predestinata al sacrificio, di avvolgere la sua cintura al collo del drago, il quale prese dolcemente a seguirla verso la città. Era la vittoria del bene sul male e il mito di San Giorgio si diffuse in tutto il mondo portando alla conversione molte popolazioni. E cosi la simbologia del salvifico vessillo della vera croce, come Jacopo da Varazze, arcivescovo di Genova, definì la croce di San Giorgio, divenne la bandiera più adottata: dal Portogallo allo Stato della Georgia in America, dalla Lituania ad un’infinità di città come Genova, Campobasso, Ferrara, Reggio Calabria e di centinaia di altre città e paesi. Più realisticamente, San Giorgio (275 o 285-303 d.C), era un tribuno militare dell’Impero di Roma di stanza in Palestina che dopo essersi convertito al Cristianesimo donò tutti i suoi beni ai poveri. La sua fama di martire derivò soprattutto dal periodo storico in cui visse dominato dalle persecuzioni contro la religione cristiana che toccarono l’apice sotto il governo dell’imperatore Diocleziano (244-313 d.C). La sua fortuna deriva dall’essere l’unico santo rappresentato a cavallo e per questo divenne il protettore dei cavalieri ed in tempi recenti Baden Powell lo scelse come patrono di tutti gli scout per le virtù e gli ideali che rappresentava affinché tutti gli scouts e tutti gli esploratori conoscessero la sua storia. Stoffa colorata a difesa della libertà e dei diritti umani
Mentre le nostre energie sono impegnate per stabilire la data di scadenza dei green pass e chi deve controllarla (facendo quasi passare in secondo piano le necessità di contrastare la pandemia) la bandiera afghana diventa un simbolo di rivendicazione di libertà, di poter continuare a mantenere aperte le scuole e le università e, più in generale, di poter garantire i diritti umani a milioni di persone. Un principio che noi occidentali diamo per assodato per cui rimaniamo allibiti di fronte alle fatiche che molti popoli, in molte parti del mondo, devono sopportare.
La bandiera non è altro che un pezzo di stoffa colorata (il termine deriva da banda, striscia dipinta) sventolato su un’asta rigida o altro supporto, usato simbolicamente per identificazione un gruppo o un valore. Ed allora il richiamo di Baden Powell di identificare in un simbolo e in una bandiera un modo di convivere, partendo dall’istruzione per i giovani assume un significato quanto mai attuale anche per noi occidentali resi un po’ troppo imbelli dalle comodità acquisite.
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