L’obiettivo di Sergio Ramazzotti sul suicidio assistito
di Tiziana Bonomo|
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Ancora una fumata nera, anzi nerissima in Parlamento, alla ripresa del dibattito sul suicidio assistito, dopo il rinvio deciso dall’Aula il 13 dicembre scorso. Nella maggioranza di governo non c’è accordo o meglio regna il disaccordo. Tra centro destra, da una parte, e centro sinistra e Movimento cinque stelle dall’altra, le posizioni sono distanti e discordanti. Prova ne è il pacchetto di oltre 200 emendamenti, in prevalenza firmati da parlamentari che sostengono il governo Draghi, presentato nell’emiciclo. In realtà, sembra quasi che la mediazione produca più scontro che incontro, mentre rischiano di essere strumentalizzate in chiave politica le posizioni della Santa Sede. Nella recente udienza generale le parole di papa Bergoglio sono state di esplicita condanna dell’accanimento terapeutico, giudicato immorale, quantodi apertura (non è una novità) alle cure palliative e di gratitudine alla medicina per l’aiuto che offre agli individui nell’ultimo tratto della propria vita. In primo piano rimane l’ammonimento severo del Vescovo di Roma, vicario di Cristo in terra, a non confondere questo aiuto “con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere”. Il monito del Pontefice è chiaro. E il suo pensiero per il rispetto della vita nel segno del messaggio evangelico non può che scuotere le coscienze dei cristiani e non solo di essi. Altrettanto, uno Stato laico e non confessionale non deve confondere la propria missione che è e rimane al servizio di tutti i cittadini, indistintamente. Una ragione, anzi la ragione, per cui il Parlamento italiano ha il dovere politico, prima ancora che etico e morale, di non fuggire dalle proprie responsabilità. La politica ha il dovere di cercare una mediazione di alto profilo che non divida e laceri il Paese e, soprattutto, che non lasci risentimenti e strascichi polemici da piegare a pelosi interessi di parte e da utilizzare in un futuro prossimo come bombe ad orologeria. Il tempo incalza. Martedì prossimo la Corte Costituzionale è chiamata promunciarsi sull’ammissibilità di otto quesiti referendari tra cui quello della parziale modifica dell’articolo 579 del codice penale, che recita: “chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”. Il referendum, in sostanza, si propone di consentire l’eutanasia attiva nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla Sentenza della Consulta sul “Caso Cappato”, ma rimarrà punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni (https://referendum.eutanasialegale.it/il-quesito-referendario/). Dunque, la discussione entra nel prezioso ventaglio dei diritti civili da sempre esposto alle convinzioni e all’educazione individuali. Un motivo in più per affrontarla in una dimensione laica con il doveroso spirito di comunità che si deve agli interessi generali, e non come una guerra di trincea. La Porta di Vetro, dopo gli articoli di Marco Travaglini (https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2021/12/model_-trava-1.pdf) e Chiara Laura Riccardo(https://www.laportadivetro.org/wp-content/uploads/2022/01/model_-riccardo.pdf), ritorna sul tema con Tiziana Bonomo da un’altra prospettiva, quella delle emozioni che suscitano le immagini. Michele Ruggiero
Il dilemma etico e morale sul suicidio assistito per una proposta di legge che ha generato l’interessante e approfondito articolo di Chiara Laura Riccardo mi ha portato indietro nel tempo quando qualche anno fa ho conosciuto Sergio Ramazzotti un formidabile fotogiornalista e co-fondatore dell’agenzia “Parallelozero”.Per un incontro che stavo organizzando Sergio mi aveva inviato diverse immagini su alcuni progetti di reportage in giro per il mondo: tutte situazioni di crisi e di conflitti. Poi con un gesto inusuale e delicato mi chiede se ero interessata a vedere anche un lavoro diverso dagli altri reportage dove l’attenzione che lui aveva dedicato non era sul luogo, sulla situazione politica o di guerra ma su di una persona che aveva preso una decisione estrema quella del “suicidio assistito”. Naturalmente ho accettato di vedere le sue fotografie rivolte ad un altro modo di affrontare la vita e la morte.