L’esodo, il dolore e la memoria storica nel Giorno del Ricordo
di Marco Travaglini|
Leggi l’articolo completo | Download |
10 febbraio: a distanza di diciassette anni dalla sua istituzione (legge 30 marzo 2004, n. 92, pubblicata nella “Gazzetta Ufficiale” n. 86 del 13 aprile 2004) il giorno del Ricordo (la memoria delle foibe e dell’esodo delle popolazioni istriane, fiumane, dalmate e giuliane dopo il trattato di Pace di Parigi che assegnava quelle terre alla Jugoslavia) fa parte a pieno titolo del calendario civile della Repubblica, ma è ancora oggetto di discussioni spesso più legate a riflessi di divisioni e alterazioni politiche più che ad un esame obiettivo dei passaggi cruciali di una storia obiettivamente complessa come quella della frontiera adriatica nel ‘900. Si avvertono, anche se con sempre minori giustificazioni, gli strascichi di una narrazione a lungo mancata nella memoria collettiva e nella storia italiana di questa vicenda che dovremmo collocare nell’ambito della storia europea del Novecento e dei ripetuti episodi espulsivi, avvenuti per lo più in condizioni di guerra e di crisi, ai danni di minoranze.
Il giorno del Ricordo venne istituito dal Parlamento per ricordare la tragedia provocata da una pianificata volontà di epurazione etnica e nazionalistica. Le foibe, con il loro carico di morte e di crudeltà inaudite, di violenza ingiustificata e ingiustificabile, sono il simbolo tragico di un capitolo di storia non a sufficienza indagato e talvolta addirittura incompreso che racconta la grande sofferenza delle popolazioni istriane, fiumane, dalmate e giuliane. Le gravissime responsabilità del regime fascista e la sua guerra di aggressione non possono certo giustificare le violenze dell’esercito jugoslavo, che ha perseguito un lucido disegno di occupazione del territorio. Ispirato, ad un tempo, dall’ideologia comunista che in Jugoslavia si prefigurava in una versione totalitaria al comando del maresciallo Tito e da un nazionalismo rivolto contro tutti gli italiani. L’istituzione del giorno del Ricordo è stato un atto riparatore, anche se nulla può sanare del tutto quella ferita della memoria, così come niente può ripagare la terra perduta dagli esuli.