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Il volto feroce dell’Isis si è ripresentato a Kabul

di Michele Ruggiero|

Quattro esplosioni a Kabul dal pomeriggio di oggi. Il film del terrore ha avuto la sua sanguinosa “prima” all’ingresso dell’aeroporto della capitale, l’enclave della speranza per migliaia di afghani in fuga dall’ira e dalla vendetta talebane. Talebani che a loro volta sono stati colpiti da un kamikaze che si è fatto saltare in aria; almeno quaranta i morti dalle prime stime, oltre un centinaio i feriti.

La rivendicazione dell’Isis-Khorasan

L’attentato è stato rivendicato dalla frazione afghana dell’Isis-Khorosan che si contrappone al potere degli studenti coranici. L’Afghanistan e gli afghani devono ora fare i conti con il terrorismo che nasce dall’interno come matrioske russe, in un quadro di gravi errori di valutazione (Biden) su cui si sono innestate le promesse (false) delle tribù talebane, la cui sicurezza è stata anche dopata dalla facilità con cui hanno creduto di avere in mano il controllo del Paese. Ma gli attentati dell’Isis raccontano da oggi una storia diversa, di cui si conosce al presente il primo capitolo, ma per esperienza pregressa sono intuibili gli sviluppi futuri. Un’altra delle colpevoli macchie da addebitare al presidente Usa e ai suoi consiglieri. È opinione comune che la Casa Bianca sia stata risucchiata nel labirinto di una politica avventata e sconclusionata, di cui l’annuncio del ritiro del contingente militare e i colloqui di Doha hanno rappresentato la punta dell’iceberg dell’ingenuità con cui il Paese più potente del mondo si è misurato con i talebani. Ingenuità imperdonabile per gli Usa che hanno avuto vent’anni per studiare ed elaborare una strategia d’uscita a basso rischio dall’Afganistan, altrettanto imperdonabile per Joe Biden, politico di lungo corso, esperto, numero due durante la presidenza Obama. Un’ingenuità che oggi si rivela il peggiore degli incubi e che irride alla stessa intenzione dichiarata e perseguita dal presidente Biden di riportare in patria sani e salvi i soldati statunitensi. Ma dodici di essi, secondo un primo bilancio dell’attentato suicida, ritorneranno nelle bare, avvolti dalla bandiera a stelle e strisce, nel silenzio che si riserva ai caduti. Un silenzio assordante per Biden. L’Afghanistan ora è a rischio guerra civile, con la popolazione civile, donne e bambini, stretta nella morsa della violenza destinata ad aumentare, secondo copione, nello scontro tra fazioni. Come ha annotato Germana Tappero Merlo sulla sua pagina Fb, con il “congedo” di Usa e truppe Nato “i talebani dovranno vedersela da soli con l’altro loro nemico, l’Isis, che la loro superiorità militare, che agevolmente li ha portati a conquistare e a riprendersi il Paese dal controllo (si fa per dire) dell’Occidente, serva allora a qualcosa. A meno che Biden passi dalle parole ai fatti.” Ipotesi improbabile. Una retromarcia sprofonderebbe gli Stati Uniti nel caos politico interno e nelle relazioni con le altre grandi potenze (Cina e Russia), con effetti nefasti e temuti dagli stessi repubblicani, che oggi sì chiedono le dimissioni del presidente, ma con l’accortezza di rimandare la vera resa dei conti ad una situazione di normalità, almeno apparente.

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