Il “Tribunale globale” e l’irrisolvibilità dei problemi quotidiani
di Emanuele Davide Ruffino e Germana Zollesi |
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L’abitudine di affidarsi ai tribunali e ai mezzi giudiziari per affrontare qualsivoglia problema della nostra società, dalle controversie quotidiane, ai problemi morali alle questioni politiche sta diventando una caratteristica dei nostri tempi. Parafrasando l’immagine del Grande Fratello, sembra sempre più di vivere costantemente in un aula di tribunale dove si giudica ogni tipologia di comportamento umano.
L’ultimo esempio è dato dall’avviso di garanzia verso alcuni medici che hanno somministrato il vaccino: cioè hanno fatto il loro lavoro come scienza e buon senso prescrivono. Ancora più inspiegabile è la sentenza che sancisce che non è reato rilasciare, in questo periodo di pandemia, false dichiarazioni per poter circolare. Non c’è più campo (o forse bisogna dire che non c’è più singolo episodio, morale, economico, politico ed ora anche clinico) che non sia sottoposto a giudizio di un tribunale. Siamo caduti nella “giudizializzazione” della società senza accorgersene? I prodromi nel “villaggio globale” di McLuhan
Francis Bacon affermò che “I giudici devono essere leoni, ma leoni sotto il trono”. In tempi recenti, gli anglosassoni hanno coniato il termine “judicialization of politics”, per sottolineare possibili invasioni di campo. In Italia, neanche l’espressione popolare espressa tramite referendum nulla può contro la “giuristocrazia”, il passaggio da uno “Stato di diritto” ad uno “Stato di eccesso di diritto” in mano a pochi, non scelti con regole democratiche. Il problema non era sollevabile ai tempi del berlusconismo, senza correre il rischio di essere catalogato da una o dall’altra parte, ma ora una riflessione sul fenomeno, così come avviene negli altri paesi occidentali, pare quanto mai opportuna se si vuole mantenere un governo democratico del sistema. Sul finire del secolo scorso si era teorizzato, con McLuhan il “villaggio globale” per rappresentare una situazione inedita dettata dalla riduzione delle distanze e delle dimensioni per cui tutto il mondo sembra essere diventato un enorme villaggio in cui tutto, grazie all’innovazione delle comunicazioni, diventa a portata di mano, percorribile in lungo e in largo, in tempo reale. Trattasi di un ossimoro, cosi come già i latini avevano coniato “festina lente”, affrettati lentamente. I due termini che si contraddicono a vicenda: il ‘villaggio’ è la forma elementare di abitato umano, mentre l’aggettivo ‘globale’ si riferisce all’intero pianeta, così come tribunale si dovrebbe riferire al giudizio di casi singoli: globale è la presunzione di governare tutti gli aspetti della società tramite l’emanazione di sentenze (o non emetterle bloccando interi settori a vantaggio di altri). Possiamo ancora vivere senza il ricorso quotidiano al verdetto dei giudici?
Probabilmente la frase più frequentemente pronunciata, e non solo da noi italiani è “Ti denuncio”. Il che è una chiara evidenziazione dell’incapacità di auto-amministrarsi o semplicemente di saper vivere in gruppo.