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Il tempo della Corrida è finito<br>Al governo le menti migliori del Paese

Nel 2013 la Porta di Vetro aveva lanciato attraverso una serie di incontri pubblici, contando soltanto sulle proprie modestissime forze e la gentile adesione e partecipazione di economisti, politici, sindacalisti, imprenditori, professionisti di settore, l’iniziativa “Un New Deal per l’Italia”. Soci e amici dell’associazione volevano così esprimere il convincimento che non vi fossero più margini di manovra per il Paese, attardato e in coda all’Europa nell’uscita dalla crisi economica del 2008, che anche negli anni successivi avremmo visto impaludato da una politica di sterili contrapposizioni, prigioniero di leader di partiti votati alla pratica individualistica (se non, verrebbe da scrivere, onanistica) dello slogan per lo slogan, affabulatori ammaliati dal suono delle proprie parole d’ordine. Parole d’ordine rigorosamente divisive, mai capaci di unire il Paese in uno sforzo corale per ridargli una centralità economica (piani industriali, prospettive di sviluppo), un ruolo in politica estera (Libia e caso Regeni ne sono limpide testimonianze recenti), un welfare della sanità pubblica attento alle nuove esigenze di una società alle prese con un impetuoso cambiamento demografico e per questo più che mai da coordinarsi tra le regioni. Nulla o poco di tutto ciò è stato fatto. Anzi. Agli storici ritardi si sono aggiunti nuovi e colpevoli ritardi che hanno contribuito anche a erigere nuovi e numerosi muri di pregiudizio nel nostro Paese. L’Italia, è opinione comune, è rimasta ferma. Ma è una percezione distorta: in realtà, si è mossa, ma all’indietro, come nel gioco dell’oca. Una regressione che ha aumentato la forbice pericolosa tra i ricchi e i poveri. Questi ultimi sono in rapido aumento, denuncia l’ultimo rapporto della Caritas. Secondo l’istituzione cattolica di assistenza, nel periodo della pandemia da Coronavirus, il 34 per cento degli assistiti non era mai ricorso in precedenza al sostegno degli enti di carità. Un quadro drammatico, in cui prevale la disoccupazione, anziché il lavoro, che diventa facile preda di elementi ulteriori di disgregazione sociale e familiare: l’usura, il gioco d’azzardo, la depressione, la sfiducia, le violenze domestiche, la salute che si fa precaria, l’allentamento dei vincoli di solidarietà. Il Paese ha ora più che mai bisogno dei suoi uomini migliori, di menti raffinate, colte, disinteressate, credibili all’estero, la cui unica ambizione è quella di servirlo nell’interesse più generale. Il tempo dei signor nessuno, tirati fuori dal cilindro di comici e demagoghi, sull’onda di un protestatario qualunquismo è tramontato, finito. L’Italia deve ricostruire un pensiero orientato all’azione vera, non di propaganda, in cui in cima all’agenda dei bisogni vi siano anche i legami sociali espressi dai popoli, ma nel rispetto di principi e valori democratici.

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