Il taccuino politico della settimana: un anno per pensare a un vero Parlamento
a cura di Claudio Artusi |
Le elezioni del nuovo Parlamento avverranno fra poco più di un anno. Potremo tutti tirare un sospiro di sollievo perché questa è stata forse la più sciagurata legislatura del dopo guerra. Basti pensare che fra deputati e senatori uno su cinque ha cambiato gruppo, che si sono avvicendati governi con maggioranze eterogenee ed in contraddizione con i rispettivi programmi elettorali, che un elettore su tre ha votato per il Movimento Cinquestelle.
Soffermiamoci su quest’ultima forza politica, perché la settimana trascorsa ha visto ad opera della magistratura (guarda caso) la decapitazione degli organi del movimento attraverso uno psicodramma tragicomico. Possiamo non mostrarci sorpresi da questo epilogo!
Facciamo un passo indietro: il programma di questa forza politica aveva come brand “vaffa” brevettato dal suo fondatore Beppe Grillo, come progetti i “NO”, come orizzonte strategico la “decrescita felice”. Lo hanno votato 11 milioni di italiani e ciascuno di noi, fra le persone che si stimano, di certo conosce qualcuno che ha aderito a questa proposta.
Tutti incapaci di intendere e volere? Tutti votati al suicidio di massa? Certo che no: ha semplicemente preso corpo una tentazione già latente da tempo del “tanto peggio tanto meglio”! Dei partiti della Prima repubblica siamo stufi, la Seconda repubblica (se mai davvero è esistita) ha deluso le nostre aspettative, proviamo col lanciafiamme (virtuale) e vediamo cosa succede. Che cosa succede credo sia sotto i nostri occhi e, se non fosse stato chiamato l’Uomo della Provvidenza extra partiti, extra Parlamento, a quest’ora avremmo ben altri temi su cui soffermarci. Impariamo la lezione guardando al rinnovo del Parlamento e conseguentemente del governo.
Le debolezze di questo Parlamento sono state di certo in gran parte la inesperienza, la incompetenza, l’arroganza, ma più ancora hanno pesato programmi elettorali irrealistici e politiche di alleanze senza passato e senza futuro (solo tattiche).
Ahimè è ciò che bolle in pentola adesso.
Il PD parla di “campo largo” (per fare cosa????), il centro destra un giorno riconosce di non esistere, l’altro si riduce ad una foto di tre personaggi (certamente autorevoli) con sorrisi forzati, il cosiddetto centro ha più leader che truppe e soprattutto questi leader nulla fanno per nascondere le ambizioni personali.
Perché? Semplicemente perché si salta un passaggio fondamentale che sono le basi culturali (o metapolitiche) su cui costruire. Non cito al proposito i grandi statisti del dopoguerra, ma le origini dei nuovi partiti della cosiddetta Seconda repubblica.
Forza Italia si è avvalsa di Pera, Urbani, Tremonti per costruire un modello neo-liberale da proporre. La Lega di Bossi è partita dalle tesi del prof. Miglio per avanzare la proposta di uno stato federale. L’Ulivo ha tratto alimento dal suo fondatore Romano Prodi, professore prima ancora che politico, circondato da un pezzo di intellighenzia cattolico-riformista.
Nuove forze politiche e/o nuove aggregazioni devono avere come imprinting un modello socio-economico-valoriale da cui far scaturire pragmaticamente l’opera di governo e noi, come elettori, siamo chiamati ad aderire o a rifiutare questo imprinting, anziché infatuarci di una lista di desideri e di curricula che hanno come merito il nuovo e l’onesto. Un anno di tempo davanti a noi per pensare prima ad un percorso e poi ai compagni viaggio.
Ce la possiamo fare!
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