Il taccuino politico della settimana: spionaggio e relazione internazionali
a cura di Claudio Artusi|
Le storie di spie sono sempre misteriose ed affascinanti. In tempi di cybersicurezza si era perso il sapore di personaggi, che sottraevano documenti preziosi e li consegnavano (magari su un ponte all’alba) a potenze nemiche in cambio di danaro o sotto minaccia per sé o per i familiari. Questa settimana si sono ritrovati tutti questi ingredienti nell’episodio dell’arresto di Walter Boit e nella espulsione immediata di due diplomatici stranieri. Un episodio a dir poco strano. Ma vi sono storie di spionaggio normali? Non è facile immaginare che il personaggio nella sua posizione avesse accesso a dossier particolarmente sensibili per la sicurezza dell’Occidente. Se comunque fossero stati tali è sorprendente che il prezzo della fuga degli stessi fosse 5000 euro, anche se – citando il grande Totò – “è la somma che fa il totale”. E di documenti il nostro Walter Biot ne ha trafugati parecchi, cercando di non farsi mancare nulla… come nella vita domestica, la ragione per cui la moglie lo difende (figli, mutuo, spese, ecc.) Potrei continuare, ma mi fermo qui perché ai fini della riflessione che sto per fare non si rilevano supposizioni e ipotesi: prendiamo per buono tutto ciò che è stato comunicato. Vale invece la pena di soffermarsi sulla spettacolarità con cui è avvenuta l’operazione, sulla esposizione mediatica data alla stessa, che stride con l’understatement che caratterizza in genere queste operazioni e stride anche con la caratura modesta dei protagonisti. Vi può essere dunque una lettura parallela: si è voluto dare un segnale alla Russia di Putin ed all’Occidente. Con il governo Draghi e con l’elezione di Biden la “vacanza” e le “distrazioni” nella politica estera dell’Italia sono finite! Con Trump in America e con gli ultimi due governi in Italia, la Russia si era guadagnata uno spazio ed una ingerenza nei nostri affari interni che non aveva dai tempi della guerra fredda. Ora le viene detto di tornare al suo posto. L’Occidente deve trovare una sua identità e solidità per “competere” (o “combattere”?) con la tracimante potenza cinese, e non può permettersi al suo interno tentennamenti, incertezze, tentazioni. Non a caso, dopo pochi minuti dalla notizia dell’operazione Boit, sono giunti i complimenti dell’Inghilterra, da sempre “gendarme” e, dai tempi di Churchill e della sua dichiarazione di Fulton (Missouri) sull’avvio della “cold war”, “garante” supremo del rispetto dell’ortodossia occidentale. Ci si può chiedere: con tutti i problemi che abbiamo perché focalizzarsi su un episodio apparentemente marginale di politica estera? La risposta è semplice: su questo terreno si gioca il nostro futuro. Se si ha qualche dubbio, l’anticipazione è già nella produzione, promozione e distribuzione dei vaccini. La spregiudicatezza di USA e Regno Unito ha dato i suoi frutti. Dal canto suo, la Russia, dove Putin si è assicurato il potere fino alla metà degli anni Trenta (ancora tre lustri), usa lo Sputnik come cavallo di troia per alleanze e partnership. L’Europa? In ritardo di almeno tre o quattro mesi dall’uscita dal tunnel. Ora, non si tratta soltanto di contabilizzare i morti in più (il che ci fa comunque rabbrividire) e di pazientare ancora un po’: i tempi e i modi con cui usciremo dalla pandemia influiranno molto concretamente sul PIL, sulle Borse, sull’Import/Export. Il dopocovid, per tutto il mondo, comporterà dunque una redistribuzione di debiti e di sacrifici. E di conseguenza, in questo “gioco” le relazioni internazionali saranno determinanti per il futuro del nostro Paese e dell’Europa.
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