Il Recovery Fund non è più un’astrazione
di Daniele Viotti|
Tanto tuonò che non piovve. Alla fine, pur con molta fatica come prevedibile, il Consiglio Europeo, cioè l’organismo che riunisce i capi di Stato e Governo ha approvato il Recovery Fund. E, notizia ancora più rilevante, l’ha approvato includendo anche il meccanismo sullo stato di diritto fortemente voluto dal Parlamento Europeo. Il veto di Polonia e Ungheria, come si sapeva, era una pistola scarica ed è servito solo per animare un po’ di polverosa discussione dentro qualche articolo fatto con poca informazione e molto allarmismo. Dunque il 1 gennaio 2021 avremo il nuovo Bilancio Pluriennale, avremo il Recovery Fund, avremo il bilancio annuale senza rischio di dover ricorrere ai “dodicesimi” che avrebbero bloccato per qualche mese tutti i programmi e i progetti.
E questa non è l’unica novità che arriva dalla riunione del Consiglio Europeo che, mentre scriviamo è ancora in corso. Infatti è anche stato raggiunto un accordo per la riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030. Non esattamente quello che chiedevano il Parlamento Europeo e le associazioni ambientaliste ma un risultato fondamentale in previsione di quell’ambizioso obiettivo che si è dato l’Europa: le neutralità climatica entro il 2050. Questa è una risposta anche alle ragazze e ai ragazzi del Fridays For Future che hanno animato le piazze per un anno intero chiedendo responsabilità e coraggio alla politica.Due importantissimi risultati che ci permettono di cominciare a tracciare un bilancio sia di questo anno pazzesco che stiamo ancora vivendo e anche del semestre di Presidenza tedesca dell’Unione Europea.
Il Recovery Fund, il piano straordinario di intervento della BCE per sostenere i debiti nazionali, il Fondo per la cassa integrazione, la sospensione degli accordi sui vincoli di bilancio e poi i già citati accordi sul meccanismo sullo stato di diritto e sulla lotta ai cambiamenti climatici solo per citare i passaggi più rilevanti.
Ecco, in questo anno straordinario da ogni punto di vista, l’Europa ha avuto la forza, la tenacia e soprattutto l’unità di fare un salto incredibile nella sua capacità d’azione. Ex malo bonum, verrebbe da dire.
Non mi ha mai convinto la retorica europeista spesso fine a se stessa, ma non possiamo non rilevare come fino a settant’anni fa di fronte a crisi economiche, sociali e sanitarie di questo tipo i Paesi europei generalmente tiravano fuori la sciabola e puntavano i cannoni. Oggi invece ci viene restituita, se vogliamo da leader politici, che tranne il caso di Angela Merkel mediocri e spesso al di sotto delle aspettative e delle necessità, una Europa più unita e più forte. Con obiettivi e strumenti comuni. Può darsi sia poco e non bisogna accontentarsi mai. Ma in questo disgraziato 2020 credo sia una piccola gioia che dobbiamo conservare gelosamente.
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