Il giorno della memoria: le leggi razziali e i gioielli dei Savoia
di Michele Ruggiero |
Nel giorno della memoria è anche un atto di coraggio, dinanzi alle vittime dell’Olocausto, guardarsi allo specchio del come eravamo: italiani sotto il fascismo, fascisti convinti e orgogliosi delle smargiassate del Duce e delle parate militari di cartapesta, otto milioni di baionette che si sarebbero presto arrugginite per inutilità contro la tecnologia del nemico e dello stesso alleato tedesco, italiani che il sabato si divertivano a saltare nel cerchio di fuoco per vellicare l’ego del “guerriero” Achille Starace, segretario del partito nazionale fascista e presidente del Comitato olimpico italiano, italiani che dal novembre del 1938 si fecero scivolare di lato, senza provare nella maggioranza dei casi il benché minimo senso d’imbarazzo, le leggi razziali firmate da Benito Mussolini e da Vittorio Emanuele III, re d’Italia e Imperatore d’Etiopia, prossimo a diventare nel 1939 anche re d’Albania.
L’Italia con la parte più coraggiosa e nobile degli italiani si è poi riscattata nella Resistenza: giovani e meno giovani a combattere in montagna e nelle città, contadini a sostenere i partigiani, operai a difendere le fabbriche dalle razzie naziste, cittadini anonimi a nascondere a rischio della vita altri cittadini “colpevoli” di essere ebrei per evitare loro di morire nei campi di concentramento. Dall’altra parte, per venti mesi, i fascisti della Repubblica di Salò conducevano sistematiche operazioni di polizia, grazie anche ad altri italiani pronti a denunciare i perseguitati in cambio di 5 mila lire, per catturare gli ebrei, spogliarli degli averi, trasferirli nei campi di raccolta prima dell’ultimo viaggio nei lager.
Ma nel giorno della memoria forse è anche un atto di coraggio (particolare) quello promosso dai discendenti di Vittorio Emanuele III, primo complice del fascismo, delle guerre d’aggressione e delle leggi liberticide, di chiedere la restituzione dei gioielli della Corona custoditi dallo Stato italiano repubblicano. Non è da tutti, infatti, allontanare da sé la vergogna di chi li ha preceduti, vergogna nell’aver favorito la morte nelle camere a gas di migliaia di ebrei italiani, e ad un tempo allungare la mano per chiedere brillanti e perle. Non è da tutti, infatti, mostrare con il giusto tempismo il proprio volto, il volto di chi ha più sottratto che dato all’immagine dell’Italia, prima e dopo il Referendum del 1946, e farlo nel momento in cui il mondo ricorda e si commuove la Shoah.
Ma con tutta probabilità, gli eredi di Casa Savoia non vivono nel nostro mondo. Ma se è così, perché dare loro gioielli che appartengono in tutto e per tutto alla nostra storia?
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