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Il dramma delle foibe e dell’esodo: “Non lo si legga con le lenti dell’ideologia&#

di Luciano Boccalatte|


Il Giorno del Ricordo, istituito dalla legge 92 del 30 marzo 2004, definisce solennità civile la data del 10 febbraio di ogni anno “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Come ogni data memoriale stabilita in climi mutati dalle trasformazioni radicali che ci allontanano dalla dimensione novecentesca, a distanza di oltre due generazioni succedutesi dalle tragedie che si vogliono porre all’attenzione della coscienza nazionale, e nel rarefarsi dei testimoni diretti che portano nel corpo e nell’animo la memoria dei traumi, anche quest’anno non mancheranno certamente episodi di utilizzo politico, spesso di basso livello, quando – e ci auguriamo ci sia risparmiato – tale utilizzo non si materializza in azioni di stampo vandalico, come già purtroppo è successo. Fenomeni non nuovi e non solo appannaggio del nostro paese. Nell’età contemporanea in cui la testimonianza ha assunto un ruolo preponderante, la fine degli equilibri usciti dal Secondo conflitto mondiale ha permesso l’emergere di memorie rimaste sottotraccia e ha dato voce a soggetti inascoltati. Paradigmatico è un volume pubblicato appena dopo il 1989 della caduta del Muro di Berlino e l’implosione dei regimi comunisti, “A Est, la memoria ritrovata”, che rendeva conto della disinformazione e della repressione delle memorie che, proprio per la caduta di quei regimi, potevano rivedere la luce. Complessità e conflitto delle memorie, complessità di una vicenda di lungo periodo, quella del confine orientale – lo stesso testo della legge lo evoca -, uso politico della storia: come ricondurre quelle vicende drammatiche all’interno della coscienza collettiva del Paese? E in una fase in cui la conoscenza storica sta drammaticamente svanendo nel comune sentire degli italiani?È una domanda a cui l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea ha cercato di rispondere fin dagli anni precedenti l’approvazione della legge, determinato, nello spirito dei padri fondatori dell’Istituto nel 1947, di non voler percorrere la strada del “fare della cattiva politica sotto il travestimento della storia”, secondo l’invito di Piero Pieri. La tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata (nella foto: Trieste, Monumento alla foiba di Basovizza) richiedono allo storico l’abbandono delle lenti delle ideologie novecentesche per rivolgere il proprio sguardo sul passato. D’altro lato è necessario collocare il fenomeno all’interno degli immensi spostamenti di popolazione che hanno visto milioni di persone costrette ad abbandonare con la forza le proprie terre di origine, ultima fase di un conflitto totale come fu la seconda guerra mondiale. Grazie ai lavori e all’impegno ormai decennale di Riccardo Marchis e di Enrico Miletto, l’Istituto ha cercato di porsi su questa via. Chi lo desidera può consultare la pagina dedicata sul sito dell’Istituto http://www.istoreto.it/approfondimenti/giorno-del-ricordo Vi troverà strumenti che vanno da pubblicazioni frutto della ricerca storica, al confronto in seminari e convegni, alle attività con gli studenti, alla realizzazione di video, alla costruzione di una banca dati, realizzata da Enrico Miletto e Carlo Pischedda, consultabile all’indirizzo http://intranet.istoreto.it/esodo/introduzione.asp In confronto e in dialogo con le associazioni che quella memoria custodiscono, come l’ANVGD.

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