Giorgio Parisi, se il Caos porta al Nobel…
di Germana Zollesi|
Qualche antropologo potrebbe avanzare l’ipotesi che, vivendo e lavorando in Italia, il neo premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi fosse avvantaggiato nello studiare il disordine! E di confusione il nostro mondo è pieno e lo stesso premio Nobel lo ha sperimentato in una trasmissione televisiva dove ha faticato (lui, professore di lungo corso, in una materia non certo facile) nell’esprimere compiutamente il suo pensiero. Il solito balletto tra chi sa e chi pensa di sapere
Parisi abituato a leggere masse di dati analizzava l’andamento della virulenza del Coronavirus, collegando la discesa del picco, in primis all’applicazione del lockdown e in seconda istanza all’introduzione dei vaccini. Il virologo Matteo Bassetti (persona di sicura competenza nel suo specifico ambito), che non sapeva di avere di fronte a sé un futuro premio Nobel, cercò di metterlo all’angolo, in quanto Parisi non era un medico. L’accaduto non deve indurre ulteriori polemiche, perché entrambi i contendenti riportavano ragionamenti che vanno tenuti in considerazione, ma offre spunti di riflessioni che vanno al di là della questione di valutazione statistica dei dati per giungere ad una metanalisi dei comportamenti, partendo dal riconoscimento di chi può analizzarli. L’idea degli hortus conclusus, dove solo alcuni possono parlare di certi argomenti, è quanto mai rischiosa se l’interlocutore ha un elevato livello di professionalità. La storia della scienza, infatti, è proprio data dal continuo interagire di discipline diverse, che dovrebbero essere ricercate e coltivate da chi persegue il progresso scientifico. L’esperienza in un settore non autorizza a diventare un tuttologo incontestabile, ma ricercando il confronto con altri acculturati, anche se in materie diverse, si riesce a capire meglio i fenomeni. L’essere triturato dalla macchina mediatica è quanto mai facile: una frase sbagliata, una sovrapposizione di voci, un fraintendimento e l’immagine di uno scienziato viene bruciata. A meno che dopo un mese non vinca un Nobel… Troppe informazioni producono anche disinformazione
Negli ultimi decenni l’uomo si è arrovellato per gestire la grande massa di informazioni acquisite (i Big Data), finendo per rappresentare una delle evoluzioni più profonde e pervasive dettate dallo sviluppo del mondo digitale, destinato sempre più ad incidere profondamente in tutti i campi della nostra vita: dal gestire la pandemia al business. Noi oggi disponiamo di un’infinità di dati, sappiamo malamente come acquisirli (o più correttamente ci illudiamo di poterli acquisire con un semplice click su qualche sito web), ma non sappiamo gestirli, né tanto meno di cosa farcene, anche per la rapidità con cui si evolve il processo di raccolta e gestione dei dati, dettato dall’ingresso di nuove tecnologie a supporto del ciclo di vita del dato. In questo contesto socio-culturale il lavoro del prof. Parisi è quanto mai utile: riflettere non solo sulla capacità di elaborare masse di dati, ma sull’interpretare situazioni complesse, richiede capacità di analisi non indifferenti.L’idea che qualcuno riesca nel mettere ordine nel caos che sembra governare le cose terrene, considerata l’attualità che stiamo vivendo, rappresenta sicuramente un aspetto affascinante della ricerca scientifica. L’appello per la salvaguardia dell’ambiente e la difesa del clima
Il premio Nobel è stato assegnato “per la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici da scala atomica a scala planetaria”, ma va anche ricordato per le sue battaglie per la difesa della ricerca: l’ultima in ordine di tempo, l’appello lanciato affinché nella discussione politica sui Recovery Fund non venisse trascurata la ricerca (discorso ancor più importante ora che si deve affrontare il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per sua natura interdisciplinare e intersettoriale).
Alla notizia della vincita del Nobel, Parisi ha colto l’occasione per lanciare un appello per la sopravvivenza del mondo: “dobbiamo agire ora in modo molto rapido” contro i cambiamenti climatici, in modo da non pregiudicare le generazione future. Argomento stringente e oggetto di studi degli altri vincitori del prestigioso premio: il meteorologo e climatologo giapponese Syukuro Manabe e all’oceanografo e modellatore climatico tedesco, Klaus Hasselmann per i loro studi sui fenomeni caotici e apparentemente casuali.
I sistemi complessi sono caratterizzati da casualità e disordine e sono difficili da capire, se non applicando algoritmi euristici difficili da formalizzare. L’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici, dalla scala atomica a quella planetaria ed i modelli nascosti nei materiali eterogenei disordinati, che hanno permesso di cominciare a definire la teoria dei sistemi complessi costituisce sicuramente un argomento per pochi cultori della materia, ma ci obbliga a riflettere sulla difficoltà nell’interpretare le infinite variabili che caratterizzano il nostro mondo, lontano dalle polemiche che condizionano le relazioni tra gli eremiti culturali (quelli che non sanno confrontarsi) delle nostre megalopoli.
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