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Francia: Le Journal du Dimanche contro Lejeune, "pronipotino" dei fascisti Brasillach e Maurras

  • Vice
  • 28 giu 2023
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 30 giu 2023

di Vice

Il giornalismo francese è in agitazione per la nomina di Geoffroy Lejeune alla direzione di Le Journal du Dimanche, storico magazine della domenica. Un arrivo vissuto come un altro tassello conquistato dall'estrema destra nel suo progressivo avvicinamento al potere centrale, al cammino intrapreso da Marine Le Pen e non soltanto da lei. Secondo i media francesi, la promozione di Lejeune rivitalizza quell'impronta ideologica netta ed visibile fascista eliminata alla liberazione di Parigi con la sconfitta dell'occupante nazista nell'agosto del 1944. All'opposto, i sostenitori dei partiti di estrema destra vi vedono la conferma dello spostamento politico in atto nella società francese, quasi l'uscita in pompa magna dal ghetto intellettuale, con la benedizione del potente editore Bollorè che sta trattando l'acquisto di JDD, dell'egemonia culturale esercitata durante il governo collaborazionista di Vichy di intellettuali e scrittori, alcuni di indiscusso valore. Erano filonazisti e antisemiti Robert Brasillach, Charles Maurras, Drieu La Rochelle, Maurice Sachs, Louis-Ferdinand Celine, Henry Béraud e decine di altri ancora: chi fucilato, chi suicida, chi condannato al carcere, chi perdonato, tutti indistintamente appartenenti a quella che viene ritenuta una delle peggiori pagine, se non la peggiore in assoluto, della Francia moderna con cui la stessa Francia odierna oggi più che mai stenta a fare i conti e a guardare con spirito laico le scorie di quel drammatico periodo che ricaddero sulle politiche coloniali del Secondo dopoguerra in Indocina e in Algeria. E, ancora prima, la faglia che si determinò all'interno della società francesi nei corpi separati dello Stato, in particolare nell'Armée e nella magistratura, con la vittoria del Fronte Popolare nel 1936. Un'affermazione delle sinistr da cui si sprigionò nuovamente il fuoco dell'odio agitato dal nazionalismo di destra francese verso gli ebrei, i sindacati, comunisti e socialisti, che con la disfatta nel 1940 spianò la presa del potere al maresciallo Pétain e di Vichy con il suo caravanserraglio di fanatici collaborazionisti.

Trentaquattro anni, ex direttore di Valeurs Actuelles, di recente Lejeune era stato licenziato dal suo editore per contrasti alla linea adottata dal periodico di estrema destra. Linea giudicata prona alle visioni razziste di Eric Zemmour, candidato alle presidenziali francesi, di cui Lejeune si è sempre dichiarato fervente sostenitore. Tra l'altro nel 2020, Lejeune era incappato nella Giustizia per le sue intemerate e spregiudicate - per usare un eufemismo - considerazioni su una deputata nata in Gabon del movimento di sinistra La France Insoumise (La Francia indomita). E non erano passate sotto silenzio copertine e titoli contro il miliardario ebreo George Soros.

La redazione del Journal du Dimanche si è opposta fermamente alla nomina di Lejeune - stigmatizzata come "inconcepibile" in sostituzione di Jérôme Béglé ed ha votato compatta lo sciopero, 77 favorevoli, un solo contrario e cinque astenuti. Una decisione che ha impedito la presenza in edicola del settimanale domenica scorsa. ' lo sciopero . I giornalisti hanno scioperato impedendo l’uscita in edicola del settimanale domenica scorsa per protestare contro la nomina a direttore di Geoffroy Lejeune. A fianco della redazione di JDD si è schierato il quotidiano Le Monde che ha invitato la cultura francese a sostenere con la firma un appello dei dipendenti, secondo i quali la rivista "non può diventare un giornale al servizio delle idee di estrema destra". L'appello è stato firmato da 400 personalità intellettuali e della politica, fra le quali la filosofa Elisabeth Badinter, gli ex premier Lionel Jospin e Bernard Cazeneuve, l’editore Antoine Gallimard, la regista Nicole Garcia, i registi Cédric Klapisch e Michel Hazanavicius, il rapper Joey Starr, l’attrice Sandrine Kimberlain.

Oggi il problema è francese. E non è un problema secondario, soprattutto per la destra liberale che si richiama a valori antifascisti. Il dopo, e non soltanto a Parigi, lo si vedrà nel 2024, con l'esito delle elezioni europee.



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