Fisco: in Italia c’è sempre chi è più uguale di altri…
di Anna Paschero|
Con la legge di bilancio 2022 – attualmente all’esame della Camera dei Deputati e su cui il Governo ha posto la fiducia – gli scaglioni e aliquote da cinque sono diventati quattro, con la prospettiva di diventare tre nell’anno 2023. Questa misura avrebbe dovuto rappresentare un primo passo nella direzione di una riforma fiscale più organica, capace di eliminare squilibri e disequità attualmente presenti in un sistema più volte rimaneggiato e tutt’altro che trasparente. Ma oltre che a rappresentare l’avvio di una riforma più strutturale e organica del fisco, il provvedimento si è posto l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale sul lavoro agendo sui redditi medi con la finalità di indurre maggiori consumi e vantaggi per l’economia in generale. Sono state così ridotte rispettivamente di 2 e di 3 punti percentuali le aliquote del secondo e terzo scaglione, e sono stati eliminati il quarto scaglione ed aliquota, riducendo il limite massimo di reddito dell’ultimo scaglione e mantenendo invariata la relativa aliquota del 43% che viene applicata a tutti i redditi superiori ai 50.000 Euro. Il risultato è stato una ulteriore riduzione della progressività dell’imposta a cui si è cercato di porre rimedio agendo con nuove detrazioni d’imposta. L’emendamento governativo all’articolo 2 del disegno di legge di bilancio ha stabilito nuove detrazioni non solo a favore dei lavoratori dipendenti, ma anche di pensionati e percettori di altri redditi, tra i quali le indennità e gettoni di presenza corrisposti ai parlamentari nazionali ed europei e a chi svolge pubbliche funzioni in enti pubblici. Come nel Monopoli, però, la legge di bilancio dà l’impressione della carta che recita “tre passi indietro con tanti auguri…”. Indietro, ovviamente, rispetto al passato, peraltro remoto: anno di grazia 1974. Infatti, con la grande riforma fiscale introdotta quell’anno, fu data, finalmente, attuazione all’art. 53 della nostra Costituzione che afferma due principi fondamentali dal punto di vista tributario: la capacità contributiva e la progressività dell’imposizione fiscale. Il primo principio si riferisce alla possibilità economica del cittadino, richiamando gli articoli 2 e 3 che affermano il principio di solidarietà e uguaglianza di tutti i cittadini nello Stato. Il secondo principio afferma che l’imposta che i cittadini sono tenuti a versare aumenta con il crescere del loro reddito. Tale principio è rilevante perché grava l’imposta sulle classi sociali più abbienti in modo tale da poter soccorrere e sostenere le classi sociali in difficoltà, garantendo diritti e servizi sociali fondamentali come la pubblica istruzione, l’assistenza sanitaria, la previdenza sociale; diritti e servizi sui quali si basa l’esistenza stessa dello Stato. La riforma del 1974, come già affermato più volte su questo sito, ebbe scarsa fortuna perché nel tempo venne profondamente cambiata; il principio della progressività, garantito da 32 aliquote con altrettanti scaglioni di reddito, venne mortificato via via con la riduzione progressiva del numero delle aliquote e degli scaglioni, fino a prevederne, attualmente, cinque. Non solo, le aliquote più basse vennero aumentate dal 10 al 23% e quelle più alte vennero diminuite dal 72 al 43%, provocando una compressione significativa del principio della progressività dell’imposta ma anche una maggiore imposizione fiscale sui redditi più bassi a beneficio di quelli più alti. Per correttezza, è d’obbligo sottolineare che l’art. 53 della Costituzione non ha fissato alcun criterio di applicazione del principio della progressività: un’imposta è progressiva se ha più di un’aliquota, perché altrimenti diventa proporzionale. Ma, come si è visto, diventa progressivo anche un sistema con poche aliquote e molte detrazioni di imposta. E paradossalmente, la progressività può essere rappresentata da una sola aliquota con molte detrazioni d’imposta. Oppure, come avviene in Germania, il sistema è progressivo utilizzando un algoritmo che determina una imposta personalizzata. In Italia c’è chi ha studiato un algoritmo che introduce una funzione continua che determina l’aliquota IRPEF eliminando le detrazioni d’imposta (queste ultime da sostituire con erogazioni ove necessarie per mantenere un sostegno diretto al reddito1. E c’è l’Associazione ARDeP2 che ha elaborato una propria proposta di riforma fiscale dove il numero degli scaglioni e delle aliquote viene aumentato, prevedendo una no tax area fissa di 10.000 € uguale per tutti, a prescindere dal reddito percepito, che assorbe tutte le più svariate deduzioni oggi esistenti, nonché un’imposta “negativa” per quei redditi che necessitano di una integrazione da parte dello Stato. Ciò che conta è si il risultato, ma anche la trasparenza dell’intero sistema affinché ciascuno abbia contezza di quale sia il proprio sforzo nel contribuire alla spesa pubblica. Dei benefici in termini di sgravi fiscali previsti dalla legge di bilancio 2022 fruiranno tutti, anche i redditi milionari per 270 euro all’anno, a discapito del debito nazionale, che aumenterà di 8 miliardi di Euro. Da alcune simulazioni degli effetti che produrranno le nuove detrazioni emergono anche alcuni dati incongruenti, tra cui alcune riduzioni d’imposta con il crescere del reddito. E, confrontando le diverse detrazioni previste a seconda dello “status” del contribuente (lavoratore dipendente, pensionato, percettore di redditi diversi) si evidenziano delle differenze significative di imposizione fiscale rispetto al medesimo reddito. Sicché un lavoratore dipendente per un reddito di 26.000 € paga un’imposta di 4.042 Euro mentre un pensionato per lo stesso reddito ne paga 5.321 € e un percettore di redditi diversi 5.632 €. A ciò si aggiunge il fatto che ci saranno contribuenti che continueranno a pagare più di altri i presidi e le spese sanitarie per effetto dell’incapienza dell’imposta, che non permette detrazioni per queste e altre spese. Non si tratta di certo di contribuenti che possiedono redditi elevati. Peraltro il principio dell’equità orizzontale è stato disatteso da anni e continua ad esserlo ancora oggi anche con l’applicazione di cedolari secche e di aliquote proporzionali per i redditi immobiliari e di capitale; questi ultimi nell’intenzione annunciata dal legislatore dovrebbero venire maggiormente favoriti dalla riforma. Solo da un certo reddito in poi (50.000 €) lavoratori dipendenti, pensionati e percettori di altri redditi sono uguali “ma alcuni di essi sono più uguali di altri”, come avrebbe detto George Orwell nella sua distopia sulla società descritta magistralmente in uno dei suoi romanzi più famosi: “La fattoria degli animali”. _______
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