Femminicidi: la società cambi registro, perché "le donne non se la cercano"
di Vice
La settimana scorsa, venerdì 18 agosto, all'indomani della scioccante notizia dell'uccisione di Anna Scala, 56 anni, colpita a morte dal suo ex fidanzato a Piano di Sorrento, su "Tutta la città ne parla", programma su RaiRadio3, si è discusso della violenza sulle donne. Non è la prima volta che il programma affronta questo doloroso e delicato tema sempre sulla scia, secondo la sua impostazione, di alcune telefonate degli ascoltatori ricevute a "Filo diretto" di "Prima pagina", storica e democratica trasmissione in onda sulla stessa rete dalle 7.15 alle 8.45.
Tra gli ospiti di "Tutta la città ne parla", insieme con le sociologhe Lella Palladino e Chiara Volpato, e con Stefano Delfini, direttore del Servizio analisi criminale del Ministero dell'Interno, è intervenuta nella seconda parte della trasmissione anche Valeria Valente, senatrice del Pd, cui si deve una frase, nel mezzo di una circolare riflessione sul drammatico fenomeno, che non può non avere suscitato nelle generazioni che hanno attraversato il terrorismo politico nella fase apicale degli anni Settanta, una eco particolare. Ha affermato la senatrice: "[...] le donne si sentono condannate, giudicate, rese colpevoli da una società che continua a dire che in qualche modo quella donna se l'è cercata".
Sono parole che fanno riemergere dalle cronache del passato "giudizi" e commenti che seguivano i ferimenti, passati alla vulgata coll'orrido termine di "gambizzazioni": se si era "fortunati", i proiettili dilaniavano con effetti comunque irreversibili corpo e psiche di dirigenti, funzionari, capi reparto di aziende o esponenti politici locali, quando nei casi peggiori non conducevano al dissanguamento con esiti mortali.
"Se l'hanno colpito, qualcosa deve aver fatto", si mormorava all'epoca anche pubblicamente, con l'intima convinzione che una "pena", una sorta di legge del contrappasso, fosse quasi doverosa, inevitabile per la vittima. Contro quei pensieri emotivi, pericolosi e superficiali di offrire una risposta che non fosse democratica alla violenza eversiva e destabilizzante, la società civile, i partiti politici, i sindacati, il movimento operaio, magistratura e forze dell'ordine seppero ergere un argine invalicabile ai luoghi che progressivamente devitalizzò visioni falsamente colpevoliste.
Per analogia, specularmente, è la battaglia etica e morale che si deve condurre per le donne, perché, se non è quanto si dice delle donne (in alcuni ambienti lo si pensa, si mormora e si scrive) è comunque come si sentono le donne nel rapporto con la società nel suo insieme. Gli effetti sono deleteri. La stupro di gruppo avvenuto a Palermo il 7 luglio scorso, da pochi giorni reso pubblico, è emblematico: prima di arrendersi all'evidenza dei video gli arrestati, tra cui un minorenne e, elemento non secondario, anche l'ex fidanzato era presente nel branco, addebitavano alla vittima, una diciannovenne, la volontà di fare sesso. Le medesime giustificazioni avanzate in un più o meno recente passato, i rampolli di noti personaggi politici , il cui sostegno - core de' babbo - almeno nell'immediatezza della notizia. E l'elenco sarebbe lunghissimo e ci porta direttamente all'assioma proposto dalla senatrice Valente che sempre nel suo intervento ha ricordato che in un'indagine istituzionale della passata legislatura, tre donne su quattro non hanno denunciato le violenze subite neppure a persone a loro vicine o care, amiche, sorelle. E si è in una condizione di pre femminicidio.
Con Vera Schiopu, una moldava di 25 anni, uccisa dal compagno e da un amico che hanno tentato di simularne il suicidio, si è arrivati a 75 vittime. E si è al fondo di una settimana in cui si è sfiorata la tragedia in altri casi, come a Rovigo, dove un uomo ha tentato di uccidere a coltellate la ex compagna, e sempre in Veneto, a Vicenza, sono tre le donne, di cui una in stato interessante, picchiate a sangue dal proprio compagno.[1]
La ministra per la famiglia Eugenia Maria Roccella, parlando ai microfoni dei Tg Rai, auspica una legge bipartisan con l'appoggio e la concordia di tutte le forze politiche. Proposito meritorio, ma che non si può limitare all'iniziativa legislativa se la società italiana non accoglie l'idea che l'emergenza non è dettata soltanto e tanto dai numeri, ma dalla qualità della violenza che subisce la donne e dal fiancheggiamento silente e non che pervade la società medesima non del tutto scevra e libera di retaggi che, purtroppo, sono anche famigliari.
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