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Decreti omnibus: già dimenticato l’appello di Mattarella?

di Emanuele Davide Ruffino|

Non è passato neanche un mese dall’appello di Mattarella contro i decreti omnibus, che in Parlamento sono stati presentati più di 1000 emendamenti (alcuni assolutamente non attinenti) al cosiddetto Decreto Covid in fase di approvazione. In pratica, il Quirinale aveva detto al Parlamento che per legiferare bisogna saper fare (e scrivere) le leggi… perché in caso contrario è difficile farle rispettare. Ma, alla prova del nove, gli “emendamisti” di professione non devono aver accolto l’appello. Il politichese italiano (che trova pochi riscontri in altre parti del mondo) è riuscito ad inventarsi il “Decreto omnibus”, una norma dove si parla di tutto un po’, con il rischio che si parli un po’ di niente. La preoccupazione non è dettata da facile qualunquismo tendente a criticare tutto e tutti, ma dal professore di diritto costituzionale, qual è Mattarella. In effetti, mentre le amministrazioni dello Stato sono formalmente obbligate a prestare attenzione (e sostenere costi, tanto ingenti quanto inutili) per l’applicazione delle norme sulla trasparenza, è lo stesso Legislatore che non riesce ad esprimersi in maniera chiara e comprensibile. La saggezza popolare ricorda che ci sono due modi per mantenere un segreto: il primo è quello di non dirlo a nessuno (anzi qualcuno afferma che se non vuoi che una cosa non si sappia… non devi neanche pensarla), l’altro è quello di dirlo mescolato a mille altre informazioni vere o false che siano. L’effetto è uguale: non si riesce più a capire qual è la realtà. Quando si emana un decreto omnibus (l’esatto contrario del “Testo Unico”) si ha proprio la sensazione che non si voglia affrontare i problemi, ma mettere una toppa senza un ragionamento organico. Sarà per questo motivo che ha preso piede l’abitudine di emanare decreti milleproroghe che, per loro natura eterogenei, sono volti ad evitare che decadano provvedimenti necessari ed improrogabili a vantaggio della collettività. Per contro, con quegli stessi decreti si approfitta della loro conversione in legge per introdurre provvedimenti non attinenti alla ratio della norma. Ne consegue che, con il passare del tempo (e l’emanazione di tanti decreti omnibus), non si riesca più a capire qual è la norma di riferimento, rendendo difficile il compito di chi ha giurato fedeltà alla Costituzione e alle Leggi (ma quali leggi, quelle dei Decreti Omnibus?). Il presidente Mattarella sicuramente si è tolto un sassolino dalla scarpa, dopo che per anni è stato costretto a firmare provvedimenti confusi che riflettevano più «assalti alla diligenza», obiettivo finale delle lobby trasversali di deputati e senatori in sede di conversione del decreto legge, in cui si infilano nel testo disposizioni che nulla hanno a che vedere con lo spirito dell’originario provvedimento voluto dal presidente del Consiglio. Provvidenziali emendamenti ad hoc atti a soddisfare spesso esigenze clientelari, indispensabili per far passare il Decreto. Nel caso dell’Italia nessuno può scagliare la prima pietra perché è difficile trovare forza politica, sociale, imprenditoriale o sindacale che non ne sia stata coinvolta almeno una volta. Tecnicamente, anzi giuridicamente, il Governo non può (articolo 77 della Costituzione) senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. L’aggiungere disposizioni normative costituisce una violazione della Costituzione. In Italia spopolano i cosiddetti decreti, sicuramente necessari ma che si prestano a “modificazioni” al momento di essere convertiti. Non si può certamente limitare il Parlamento sovrano a convertire in blocco o meno i provvedimenti del Governo, ma questo deve avvenire senza alterare l’omogeneità di fondo della disciplina. L’ordinaria funzione legislativa deve cioè innestarsi nell’iter di conversione del decreto legge, ma senza spezzare il legame irrinunciabile fra la decretazione d’urgenza del Governo e il potere di conversione del parlamento. Da studenti si veniva penalizzati quando si andava “fuori-tema”. Ma in Parlamento la regola non sempre gode del giusto rispetto. Anzi. Ad ignorarla si godono invece proficui vantaggi elettorali grazie a qualche bizantinismo che ora, nel semestre bianco, è più problematico far trangugiare al costituzionalista Mattarella. Quello di saper legiferare rimane il problema dei problemi: l’arte della politica, la più nobile delle scienze non può essere lasciata a portatori in interessi particolari, perché poi è difficile dare un impulso univoco alla società. Senza una condivisione generale (e la chiarezza ne è un requisito) diventa arduo dare attuazione allo spirito del legislatore. Il che, nel lungo periodo, favorisce il marcio negli asset portanti del sistema.

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