Conti correnti in crescita, ma non è tutto oro quello che riluce
di Stefano E. Rossi

Famiglie e imprese si sono ritrovate a fine anno con saldi creditori di conto corrente più alti rispetto a un anno fa. Ce lo fa sapere il rapporto appena pubblicato dal Centro Analisi e Ricerche FABI, il sindacato autonomo dei bancari. Quello che fotografa è l’aumento della liquidità dei depositi, cresciuta di circa 20 miliardi di euro dopo due anni consecutivi di flessione. A prima vista è una buona notizia, ma ci conviene scendere nei dettagli.
Risparmiano più le imprese che le famiglie
L’incremento maggiore viene rilevato sui saldi delle imprese, +3,4%, mentre quello delle famiglie si ferma al +1,1%. Per queste, sempre secondo lo studio condotto da FABI, l’inversione di tendenza c’è stata, ma in modo meno significativo. A prevalere sarebbe stata la preferenza delle famiglie italiane verso forme di risparmio più remunerative del conto corrente, che è regolato quasi sempre a tasso zero.
Esaminando meglio le risultanze del rapporto, ci accorgiamo che 20 miliardi, su una liquidità totale di 1.363, in termini percentuali non sono tanti. Corrispondono solo a un aumento del 1,48%. Invece, rispetto ai 1.480 miliardi che avevamo nel 2021, il gap da recuperare risulterebbe ancora di 116 miliardi. Manca cioè un altro 7,87%. In sintesi, nell’arco di un triennio abbiamo avuto una riduzione che, in gran parte, è ancora da recuperare.
Ma la liquidità di conto corrente è solo una delle parti che compone il risparmio nazionale. E su questo apprendiamo inaspettatamente, da altri archivi, che il numero di chi dichiara di riuscire a risparmiare è salito dal 48,6% del 2021 all’attuale 59,4%. Sei su dieci: è il dato più alto degli ultimi vent’anni. Ovviamente, fanno fatica a risparmiare le famiglie con stipendi inferiori a 1.600 Euro netti mensili, quelle più numerose e chi abita in affitto. È interessante ora conoscere le scelte di investimento di chi può permettersi di risparmiare e capire se preferisce lasciare i soldi sul conto corrente.
Fonti provenienti sempre da Uffici Studi del settore bancario rilevano che il 65% degli investitori, quindi due italiani su tre, considerano prioritaria la sicurezza della protezione del capitale, seguita dalla sua pronta liquidabilità. In aggiunta, scopriamo che una consistente fetta dei risparmi, di molto in aumento e ora al 58%, viene timorosamente accantonata per generica precauzione o per destinarla a supporto dei figli. Anche questa non viene certo messa a repentaglio.
Troppa prudenza, sviluppo economico a rischio
Unendo le due evidenze, da un lato l’aumento dei saldi dei conti e la ritrovata percezione della capacità di risparmio, dall’altro l’inseguimento di sicurezze finanziare per fronteggiare gli imprevisti, potremmo giungere alla facile conclusione, condivisibile, che in un momento di incertezza come questo prevalga in tutti l’avversione al rischio. Nelle famiglie italiane, quindi, emerge un atteggiamento che, indicandoci la ricerca di sicurezze, le induce a fare scelte prudenziali. Una prudenza che, però, per i suoi riflessi sull’auspicato sviluppo economico, potrebbe rivelarsi limitante se non addirittura controproducente.
Ma alla fine, è buona o no la notizia dell’aumento della liquidità sui conti correnti, cioè, stiamo meglio o peggio dell’anno scorso? Per rispondere dobbiamo tenere conto di alcune altre variabili. Per prima, l’inflazione. Cumulando il periodo 2021-2024, cioè da quando è ripartita dopo un lungo periodo di neutralità, giungiamo al valore di periodo del 18,7%. Ricordiamoci che è un dato medio, perché l’inflazione reale si misura per gli impatti sulle singole persone. Ognuno ha la sua, che dipende sia dal reddito, sia dalle scelte di spesa di ciascuno di noi. Per spiegarlo meglio, dato medio significa che, nello stesso periodo, qualcuno ha avuto incrementi di guadagni ben superiori, mentre molti altri hanno avuto stipendi o pensioni con aumenti molto più bassi. Inoltre, c’è la cosiddetta perdita del potere d’acquisto. Ad esempio, per non subire le conseguenze dell’inflazione, all’aumento di un euro della pensione dovrò rispondere comprando prodotti che non sono aumentati, cioè che costano come l’anno prima, se li trovo. Tirando le somme, se nel 2021 la liquidità dei conti era di 1.480 miliardi, oggi dovrebbe essere salita del 18,7%, mentre invece è scesa del 7,87%.
Lo scarso interesse per l'economia e finanza
Quindi, la notizia iniziale, apparentemente positiva, ci va bene, ma non benissimo. Perché in questi anni, essendo obbligati comprare prodotti più cari, avevamo abbassato le nostre riserve sui conti correnti molto di più di quanto siano risalite lo scorso anno.
Un’ultima notazione riguarda la consistenza del risparmio totale, che nel 2024 ammontava a 400 miliardi di euro, per due terzi in capo alle imprese e per un terzo in mano alle famiglie. Confrontato all'1,3 miliardo di euro di liquidità, possiamo tranquillamente concludere che non sono i depositi bancari a fare la differenza. Se non per i pigri e per gli indifferenti, magari non pochi, che potrebbero lasciare (forse) distrattamente i soldi sul conto.
Vorremmo rifuggire da questo stereotipo di indolenza, ma, in proposito, non viene in soccorso nemmeno un sondaggio Doxa commissionato dal Centro Luigi Einaudi, che attribuisce al 30% degli intervistati la dichiarazione di essere “per niente interessato” agli argomenti di economia e finanza. Una percentuale storicamente tra le più alte di tutti i tempi e in risalita dal 24% dell’anno prima.
Ricercare le ragioni di questa e di altre apatie potrebbe essere una questione di particolare interesse, ma che esula, per nostra fortuna, dalle tipiche indagini di carattere economico.
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