Consultori e difesa della 194, una lotta infinita
di Tullia Todros|
Giovedì scorso a Torino, davanti alla sede della Circoscrizione 5 che comprende quartieri della zona nord e nord-ovest di Torino (Lucento, Madonna di Campagna, Borgata Ceronda, Vittoria, Lanza e Vallette) numerose associazioni hanno manifestato a sostegno della legge 194, l’interruzione volontaria della gravidanza, entrata in vigore 44 anni fa, il 22 maggio del 1978. Contrariamente a quanto viene sbandierato strumentalmente, la legge non favorisce la ricerca dell’aborto. Anzi. In uno stato di diritto e democratico tutte le sue componenti concorrono, o dovrebbero concorrere, affinché non si debba ricorrere all’aborto. Ma per fare ciò si deve in primo luogo tutelare e difendere il ruolo della donne e la condizione femminile nella società, nella famiglia e nel mondo del lavoro. Guardiamo le statistiche sull’impegno quotidiano della donna, verifichiamo l’equiparazione di stipendi e carriere di genere, scorriamo il tasso di disoccupazione femminile, controlliamo i mattinali di polizia e carabinieri, e chiediamoci se tutto ciò stia avvenendo. Ne consegue che il dibattito sociale e politico attorno alla legge sull’aborto, che in uno stato laico non deve sfociare in una gratuita polemica e contrapposizione ideologica o di bandiera, esige un’attenta riflessione sul suo significato. In proposito, la Porta di Vetro ospita l’intervento di Tullia Todros, professoressa di Ostetricia e ginecologia dell’Università di Torino.
Partiamo dalla storia. I consultori sono stati istituiti con la legge 405/1975, dopo anni di battaglie da parte delle donne per ottenere luoghi dove potersi confrontare e prendere coscienza circa i propri bisogni e diritti in tema di salute sessuale e riproduttiva, ed ottenere risposte adeguate. Torino e i comuni della sua cintura sono stati un modello in Italia alla fine degli anni ‘70. Con il tempo tuttavia i consultori hanno perso uno dei loro punti di forza, cioè l’essere luoghi di aggregazione delle donne, per diventare sostanzialmente ambulatori di ostetricia e ginecologia, purtroppo supportati non adeguatamente dal Sistema Sanitario Nazionale, non diversamente da tutta la medicina del territorio, come è chiaramente emerso in questi anni di pandemia. La legge 194 del 22 maggio 1978
Di pari passo la battaglia per depenalizzare l’aborto ha portato alla legge 194 del 22 maggio 1978, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” (IVG), una legge che ha subito e subisce continui attacchi, oltre ai tentativi di “svuotamento dall’interno” in virtù soprattutto dell’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario. Nel 1981 fu sottoposta a referendum abrogativo, ricevendo il 14% di consensi; nel 2005 fu approvata una commissione di inchiesta parlamentare sull’applicazione della legge e l’allora ministro della Salute Francesco Storace propose di aprire i consultori familiari alle associazioni antiabortiste; nel 2007 fu proposta da Giuliano Ferrara la “moratoria sull’aborto” a seguito della approvazione da parte dell’Assemblea della Nazioni Unite della moratoria sulla pena di morte. Lo stesso annunciò l’anno successivo la fondazione del partito “Associazione difesa della vita. Aborto? No, grazie”. In questo clima, l’aborto farmacologico, approvato in Italia soltanto nel 2009, con circa 20 anni di ritardo rispetto ad altri Paesi del mondo occidentale, si è diffuso lentamente e con grande fatica. Questo è in netto contrasto con il dettato della legge che, all’articolo 15, recita: “Le Regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza”. Così come, all’articolo 8, la legge ci dice che “nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati […] presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione”. Con l’introduzione del metodo farmacologico, l’effettuazione delle IVG in regime ambulatoriale, cioè nei consultori, avrebbe dovuto diventare la norma, per gli innegabili vantaggi organizzativi ed economici. Invece si è dovuto attendere il 2020, con la pandemia e le relative difficoltà di accesso agli ospedali, perché il Ministero della Salute emanasse Linee di Indirizzo in questo senso (12 agosto 2020). Ciò malgrado, e veniamo all’oggi, non soltanto l’effettuazione delle IVG nei consultori è rimasta lettera morta, ma si sono aperti i consultori alle associazioni antiabortiste. La Legge regionale del 2022 e sue implicazioni
Già a dicembre 2020 la Giunta Regionale del Piemonte aveva fatto approvare una determina che apriva le porte dei consultori familiari alle Associazioni anti-abortiste, quelle che hanno come finalità la “tutela della vita fin dal concepimento” e che “possono aiutare la maternità difficile dopo la nascita”, riprendendo la DGR Cota del 2010 rimasta nel cassetto nonostante la bocciatura del TAR. Il passo successivo (Legge regionale 29 aprile 2022 n. 6 – Bilancio di previsione finanziario 2022 – 2024, art. 19) è stato il finanziamento di 400000 euro per il 2022 a queste Associazioni. Al di là dei dubbi circa la liceità di impiegare fondi pubblici a favore di Associazioni private, il punto nodale è che questo articolo vuole rappresentare, e rappresenta, un chiaro attacco alla legge 194 ed all’autodeterminazione delle donne. Infatti pochi spiccioli una tantum non risolvono certo i tanti problemi che frequentemente inducono le donne a prendere la difficile decisione di abortire: la precarietà o la mancanza del lavoro, la carenza di servizi efficienti e gratuiti, a partire da asili nido, scuole, trasporti e consultori. Questi atti si collocano in un contesto nazionale ed internazionale di ben orchestrato attacco all’autodeterminazione delle donne. Ricordiamo i casi più eclatanti: la Polonia, con la sua recente legge restrittiva, che in queste settimane sta impedendo l’aborto alle profughe ucraine vittime di stupri durante la fuga dal proprio paese in guerra; gli Stati Uniti dove la Corte Suprema sembra voler ribaltare la sentenza che dal 1973 garantisce l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza e dove già diversi Stati (Texas, Oklahoma) hanno emanato leggi estremamente restrittive. Il confronto all’interno della Circoscrizione 5 di Torino
Per rimanere al Piemonte, molte voci si sono fatte sentire fuori e dentro le istituzioni (Consiglio Regionale, Consiglio Comunale), ma non sono state sufficienti ad impedire che l’articolo della Legge di Bilancio venisse approvato; tuttavia la volontà e gli spazi per arginarne l’applicazione ci sono. Nella seduta del 19 maggio del Consiglio di Circoscrizione 5 avrebbe dovuto essere discussa una mozione proposta dal Gruppo Consiliare di Fratelli d’Italia dal significativo titolo “Sostegno ai progetti di vita nascente”, chiaramente volta a dare attuazione all’articolo 19 della Legge Regionale di bilancio.
Questa volta la presenza vistosa e compatta del movimento delle donne in Consiglio di Circoscrizione ha fatto sì che la mozione non venisse presentata, ma il rischio che venga ripresentata, in questa o altre forme, in questa o altre Circoscrizioni, è sempre in agguato. Certamente la battaglia non è finita, e bisogna continuare a vigilare. Un contributo importante in questo senso viene dalla Rete “+ di 194 voci”, costituita da 49 associazioni, che nasce a Torino nel marzo 2021 a partire dalla battaglia sull’aborto, e si pone come obiettivi la difesa delle libertà civili e dell’autodeterminazione in ogni ambito del vivere, dal lavoro all’integrazione sociale, all’istruzione, alla cultura, al tempo libero. Per quanto riguarda la salute sessuale e riproduttiva, in questo momento si sta battendo affinché i consultori ritornino ad essere sul territorio il luogo deputato alla promozione della salute delle donne di tutte le età e sia garantita la piena applicazione della legge 194.
Se è vero che per progettare il futuro bisogna conoscere e riflettere sul passato, la storia dei consultori, così come erano, passa anche per la Circoscrizione 5, con il mitico consultorio delle Vallette: lo scambio di saperi fra le donne del quartiere e le ginecologhe, l’acquisizione di informazioni, ma anche di consapevolezza di sé e del proprio corpo. È stato allora un cambiamento epocale che partiva dalle donne, ed era per tutti. Il principio dell’autodeterminazione deve rimanere il principio fondante su cui ricostruire la rete dei consultori oggi e nei prossimi anni.
Comments