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Come vivono gli anziani nei quartieri di Torino? Una ricerca dello Spi-Cgil

Aggiornamento: 12 dic 2023

di Piera Egidi Bouchard

Come vivono gli anziani nei quartieri di Torino, quali i loro bisogni, quali le loro fragilità e difficoltà quotidiane? A queste e altre domande prova a dare risposta la ricerca “Tutta mia la città”, un progetto sindacato pensionati Spi- Cgil, che ha messo in rete le associazioni e gli enti  che si occupano della terza e quarta età. Il progetto, come hanno scritto i ricercatori, "è stato scritto in una fase pre-pandemica, e il lavoro si è iniziato a febbraio 2021, ancora in pieno Covid". Tre i filoni principali: 1) lo studio della condizione degli anziani nel territorio; 2) la valorizzazione della memoria orale; 3) l’offerta di occasioni strutturate di incontro e socializzazione. Sono stati elaborati dati forniti dall’Ufficio Statistiche  della Città di Torino e dall’INPS. E’ stato somministrato un questionario a 200 anziani del quartiere San Salvario, e infine sono stati intervistati soggetti che lavorano  o operano con gli anziani.


La "fotografia" di San Salvario

Una prima parte - a cui ci rifacciamo in questo articolo - riguarda la popolazione anziana complessiva di Torino. A noi qui interessa focalizzarci sul quartiere San Salvario, dove operano particolarmente : un gruppo femminile, l’”Associazione Donne in difesa della società civile ”, e un attivissimo gruppo anziani/e dello Spi-Cgil. La popolazione totale del quartiere è di 34.963, di cui il 40% cittadini con più di 65 anni vivono soli (3.449 persone) e degli over 85 vivono soli il 55% (880 persone ), di cui le donne sono l’80% (713 persone). “Emerge con grande evidenza come la solitudine sia la questione vera che occorre affrontare, e se l‘abbiniamo alla fragilità insita nell’età unitamente alla precarietà economica, ne risulta un quadro allarmante”, osservano gli autori.

La ricerca ha evidenziato i redditi per le pensioni di vecchiaia, che per over gli 85 uomini è di 22.873 lordo, per le donne è 12.598 (il 55% del reddito degli uomini, in tutte le fasce d’età). Le donne raggiungono una cifra di 20.178 lorde annue se oltre la loro pensione di vecchiaia sono vedove e  hanno quella di reversibilità del marito. La fragilità economica per le anziane è drammatica, e viene approfondita da un’ulteriore ricerca sui buoni spesa distribuiti durante il Covid dalla Città di Torino. Si rileva inoltre una estrema fragilità sanitaria: l’età media dei deceduti durante il Covid è di 80 anni, e di questi il 75% ha tre o più patologie.

Emerge complessivamente dunque una “questione donna“ anche tra gli anziani, e quindi: “il sistema del welfare si deve modellare per interventi a sostegno e in prevenzione in ambito socio-sanitario”, con la medicina territoriale  e la domiciliarità.


L'importanza della Case di Comunità

Il questionario, a cui hanno riposto 203 persone (149 donne e 64 uomini), di cui quasi la metà ha tra i 65 e i 74 anni e più del 30% sono over 75. Tra le molte cose emerse  sono : l’importanza del rapporto coi famigliari; un buon rapporto coi medici di base, ma insoddisfazione per le liste d’attesa nei servizi sanitari, e la distanza geografica dal servizio. Il progetto della “città dei 15 minuti “ (raggiungibilità dei servizi di base in 15 minuti a piedi) programma  elaborato a Parigi  da Carlos Moreno e assunto dalla sindaca Hidalgo, e  portato avanti dall’“ Associazione donne in difesa della società civile” anche a Torino-San Salvario, diviene molto importante. In particolare, riguardo a un  servizio di prossimità, quest’associazione ha richiesto l’isituzione della “Casa di Comunità  e dell’“Ospedale di Comunità”, con un documento firmato da 19 associazioni.

Di queste, due istituzioni – che coinvolgono in San Salvario i locali dell’ex Ospedale valdese e del poliambulatorio di via Silvio Pellico 28 – si parla da più di un anno, con iniziative pubbliche alla Casa del Quartiere, di cui la più recente à stata una conferenza- colloquio con la dottoressa Stefania Orecchia, direttrice del distretto sud-est dell’Asl-Città di Torino, con precise risposte a puntuali domande. Le “Case di Comunità”- presenti già in molte città europee – riuniscono tutti  i principali servizi medici  indispensabili e facilmente raggiungibili dalla popolazione.

“I lavori complessivi devono essere finiti entro la fine del 2025, sono stati fatti i bandi di stanziamento dei fondi del Pnrr e sono stati comunicati i progettisti vincitori, con cui l’Ufficio tecnico si deve relazionare – ha detto Stefania Orecchia – A Torino sono attualmente previste 16 Case di Comunità, in cui devono essere presenti alcune associazioni, in reciproca collaborazione: la comunità deve abitarle! A me ne competono cinque: storicamente sono prioritariamente orientate al percorso mamma/bambino, e a seguire la donna dalla gravidanza alla menopausa.

In via Pellico 19 ci sarà l’“Ospedale di Comunità”, con servizi di cardiologia, endocrinologia, diabetologia, logopedia, riabilitazione, con una palestra per persone di età elevata. Questa struttura, con 20 posti letto, consente di fare dei “ricoveri di sollievo”, una sorta di “polmone” per  gli ospedali che, non potendo dimettere il paziente, se non è ancora in grado di rientrare a casa sua, possono spostarlo per 30-60 giorni lì alla Casa di Comunità, permettendo alla famiglia di riorganizzarsi. E chiunque abbia avuto esperienza di tali problemi, in particolare  appunto con un anziano, si augura che al più presto tale servizio sia agibile.

Inoltre “molte persone vanno impropriamente al Pronto Soccorso, perché non sanno che ci sono altre realtà: bisogna quindi gestire meglio la domanda di salute in luoghi appropriati”, e questa nuova organizzazione sul territorio potrebbe essere una soluzione anche per evitare il sovraffollamento dei Pronto soccorso.

Anche i medici di famiglia potranno garantire la loro presenza, ma un problema è il turn over da pensionamento, per cui si stanno assumendo neolaureati e specializzandi. I medici possono lavorare in rete o in gruppo e quest’ultima possibilità si presenta come funzionale alla Casa di Comunità. E’ previsto un finanziamento regionale, e l’orario dovrebbe essere di 7 giorni, 24 ore su 24,con una guardia medica, e chiaramente qui è un problema di costi e di personale disponibile .

Una importante e utilissima iniziativa per la popolazione, in particolare anziana,del territorio,che poco per volta-  monitorata anche dalla partecipazione costante di cittadini e cittadine, e dalle loro associazioni-  speriamo si vada  definitivamente inverando, come già in Emilia-Romagna e in Toscana, dopo tanti “libri dei sogni”.


Le fotografie sono tratte dal Report Tutta mia la città


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