Amedeo Ugolini, la grandezza e l'umiltà di uno scrittore dimenticato
di Vice
"Imponente, indimenticabile": con queste ultime parole, l'Unità consegnò ai lettori la cronaca del funerale di Amedeo Ugolini, il 9 maggio del 1954, una domenica, le cui prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo erano dominate dalla caduta di Dien Bien Phu, ovvero il crollo dell'impero francese in Indocina. L'Armée aveva alzato bandiera bianca, sconfitta dall'esercito di liberazione del Vietnam, prigioniero il generale francese dalle antiche tradizione militari Christian De Castries, che combatté in Italia al comando delle truppe marocchine, non particolarmente amate come liberatori dagli italiani.
Quale miglior epitaffio per chi aveva vissuto in Francia durante gli anni della dittatura fascista, imprigionato dal governo di Vichy, preso le armi della Resistenza in nome della libertà dei popoli oppressi Tre giorni prima, quello del suo commiato, gli era stata risparmiata la tragedia nella miniera di Ribolla, nel Grossetano, 42 minatori sepolti vivi. Con i lavoratori, Amedeo Ugolini aveva condiviso le speranze di un mondo migliore. Lo ricordò anche Palmiro Togliatti, nel telegramma che l'Unità pubblicò il 7 maggio, dando la notizia della sua morte. E lo ricordarono tutti coloro che a vario titolo e a nome di partiti e organizzazioni parlarono l'8 maggio ai suoi funerali, che si mosse dalla camera ardente allestita nella sede dell'Anpi provinciale, allora in via Principe Amedeo 19. Delle tensione passate, dei dissidi, dei controversi giudizi sulla personalità di Amedeo Ugolini, soprattutto per le sue storie familiari, si erano perdute ovviamente le tracce. C'era una ragione e non soltanto perché l'umana pietà che si deve ai morti: il Pci stava mutando pelle e la relazione del Migliore con la giovane Nilde Iotti imponeva un atteggiamento più laico, che non voleva dire comunque più permissivo. A dare il là ufficiale fu il Comitato Direttivo del Pci di Torino, che ricordò il dolore di Gina, non solo compagna, anche se non moglie, e della piccola Mirella, cui era stata nascosta la notizia.
Un anno dopo, il ricordo di Amedeo Ugolini passò dalla penna di Mario Montagnana, fratello di Rita Montagnana, cognato di Togliatti. Montagnana aveva diviso con lo scrittore l'esilio in Francia, entrambi fuoriusciti, entrambi redattori de La Voce degli italiani. Le parole di Montagnana, toccanti, non si limitarono a riportare in alto la maestria (meritata) dell'artista, ma il suo sacrificio e la sua forza nel rinunciare alla ricchezza e agli onori che facilmente avrebbe potuto ottenere, preferendo la militanza a fianco dei lavoratori italiani.
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