A Chivasso, la legalità “va all’Università”. Una serata con la studiosa di mafie S
“Le mafie non mirano alla redistribuzione della ricchezza, ma unicamente all’accumulazione della loro ricchezza; laddove investono il loro fine ultimo rimane il riciclaggio di denaro sporco, per il quale non esitano a svuotare le aziende, spremerle, per poi gettarle al macero e con esse il presente e il futuro dei dipendenti”.
“Le mafie non condividono il potere. La loro sete di dominio è assoluta. Attraverso le intimidazioni, l’estorsione, l’usura, l’omicidio, non esitano ad assoggettare al loro volere i cittadini, e a condizionarne i diritti civili, e gli stessi politici che, al contrario, credono di poter usare i mafiosi per tornaconto elettorale”.
A parlare sono Stefania Pellegrini1 e Roberto Sparagna2 che ieri sera, 26 novembre, al Teatrino Civico di Chivasso, hanno partecipato all’apertura dell’Anno Accademico della Libera Università della Legalità. L’iniziativa è nata nel 2014, sulla spinta del comune di Chivasso, dopo lo tsunami dell’inchiesta “Minotauro” avviata nel 2011 della Procura di Torino che ha rivelato i profondo legami della ‘Ndrangheta in Piemonte. Dunque, un appuntamento che caratterizza e nobilita la città, che in tempo di Coronavirus ne esalta anche l’impegno civico e lo spirito etico dell’amministrazione pubblica in una fase particolare per la convivenza civile.
E ieri sera, per il comune hanno preso la parola il sindaco Claudio Castello e l’assessore alla legalità Tiziana Siragusa. Insieme a loro anche Giuseppe Busso, anima e coordinatore dell’evento, responsabile dell’Università della Terza età di Chivasso.
Dieci anni fa, per Chivasso (26mila abitanti), città alla ricerca di un’identità economica dopo il tramonto dell’industria dell’auto e dell’indotto, e la crisi dell’informatica eporediese, si aprì un traumatico vaso di Pandora, come ha sottolineato dal palco Marco Bogetto, redattore capo de La Nuova Periferia, media partner dell’intero ciclo di incontri proposto fino a maggio del 2022.
Marco Bogetto e Stefania Pellegrini
Fu un turbinio di nomi e famiglie della mafia calabrese, alcuni dei quali – ed è un elemento più che interessante sotto il profilo antropologico – già presenti negli archivi giudiziari fin dal 1934, come ha ricordato Roberto Sparagna. Dunque, legami antichi e mai strappati che oggi si ripropongono sotto forme diverse e con un raggio d’azione economico e finanziario e una potenza di condizionamento e intimidazione che fanno della ‘Ndrangheta il nemico numero uno della legalità. Un nemico che impone ai cittadini di non cadere nell’indifferenza, di non girarsi dall’altra parte, di non entrare in quella “zona grigia” a più tonalità che favorisce l’arrembaggio della criminalità organizzata nella vita quotidiana, destinato a diventare il preludio dell’illegalità cui nessuno fa più caso. Se non quando oramai è troppo tardi. Gli appuntamenti della Libera Università della legalità di Chivasso proseguiranno il 6 dicembre in diretta streaming con Sonia, detta Sunny, Jacobs. La sua vicenda è drammatica. Nel 1976, accusata insieme con il marito di un duplice omicidio, era stata condannata a morte. Sentenza eseguita per il marito, mentre lei rimaneva in carcere in attesa di percorrere l’ultimo miglio. Un’attesa di sedici lunghi anni, fino a quando è stato scagionata per la confessione del vero colpevole. Come ha avuto modo più volte di raccontare, era entrata in carcere da “hippie vegetariana ventottenne”, ne uscì da “orfana, vedova e nonna 45enne”. Oggi, Sonia Jacobs vive in Irlanda con il suo secondo marito Peter Pringle con cui condivide una storia analoga alla sua: Peter era stato condannato a morte per l’uccisione di due poliziotti. Dopo quindici anni di carcere, di cui 10 in attesa di essere giustiziato, è uscito nel 1995; nel frattempo l’Irlanda aveva abolita la pena di morte. Insieme a Sonia combattono per l’abolizione della pena capitale e contro le ingiustizie giudiziarie. _______
1Stefania Pellegrini, professore ordinario in sociologia del diritto presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, è stata la prima docente ad introdurre lo studio del fenomeno mafioso nell’Università italiana. Componente della Consulta della Legalità CGIL Nazionale, nell’attuale legislatura è consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. È autrice di numerosi saggi in materia di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e infiltrazione della mafie nella economia legale e sulle mafie al Nord.
2Roberto Sparagna è nato ad Acuto, nei pressi di Anagni, in provincia di Frosinone. In magistratura dal luglio 1994, ha svolto la funzione di sostituto procuratore presso il Tribunale di Torino. Dal 2003 al 2013 ha fatto parte della Direzione Distrettuale Antimafia del Piemonte. In particolare, unitamente ad altri colleghi, ha svolto indagini sulla ‘Ndrangheta in Piemonte (tra queste si ricorda l’operazione denominata “Minotauro”), sulla mafia siciliana e sulle mafie straniere. Dal gennaio 2020, svolge le funzioni di sostituto Procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo a Roma.
コメント