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4 maggio 1949, c’era una volta il Toro degli Invincibili


Settantatré anni fa morivano gli Invincibili. Il fato cancellava il Grande Torino, ma nello stesso istante nasceva il Mito, la leggenda granata. Alle 17,05 del 4 maggio 1949 l’aereo su cui viaggiava la squadra granata di rientro da un’amichevole a Lisbona, contro il Benfica, si schiantò contro la collina di Superga. Nell’incidente morirono trentuno persone fra atleti, dirigenti, giornalisti e membri dell’equipaggio. La partita era stata promessa dal capitano del Toro, Valentino Mazzola, per il passo d’addio al calcio di un amico, il capitano della squadra lusitana Francisco Ferreira. Per ricordare Valentino Mazzola e il Grande Torino, pubblichiamo una pagina tratta da “Toro come romanzo”, di Michele Ruggiero, Stefano Tallia e Diego De Ponti, Fratelli Frilli Editori, 2008.

Valentino Mazzola, da lassù con affetto. Nessuno pensi che completare un album di figurine in cielo sia più facile che giù sulla terra. E se laggiù certi portierati ancora adesso fanno passare degli accidenti ai collezionisti, anche in cielo ce n’è un a che si stenta a trovare.

Indovinate un po’ qual è? La risposta è ovvia: quella di capitan Valentino Mazzola. Non c’è nemmeno da chiedere il perché. Ogni domenica angeli, santi, e anime pie si accalcano all’immenso Stadio dei Cieli per veder giocare in quel suo modo inconfutabile. Quel tocco vellutato, quella visione di gioco che toglie il fatto, quel fiuto per il gol che ti fa spellare le mani.Terminata la partita, tutti gli vanno incontro accalcandosi per farsi fare un autografo sull’albo oppure sulla figurina stessa. Tutti a raccontargli di quando anche loro erano giù, in terra, e andavano al Fila a vederlo giocare, e rimanevano ammaliati nell’assistere suoi miracoli… Sono talmente tanti che un ragioniere, di quelli pignoli, precisi metodici, cui non sfugge neppure un decimale, un giorno ha chiesto ingenuamente a Dio se Torino nel 1949 contasse dieci milioni di abitanti…

Eh sì, com’era leggendario Valentino allora, e com’era Grande il suo Torino! Altri più giovani, che per ragioni anagrafiche si sentono tagliati fuori dalla Storia, si fanno allora avanti con timidezza e gli raccontano di aver visto giocare i suoi due ragazzi. E per dare un tono alle loro parole, gli mostrano alcune figurine terrene, un po’ logore, portate in cielo di contrabbando con la compiacenza di San Pietro e sotto lo sguardo benevolo del suo grande amico San Paolo, due che quando si tratta di calcio chiudono sempre un occhio.Allora capitan Valentino Mazzola si emoziona. Lo sguardo s’intenerisce nel vedere i volti cresciuti dei suoi bimbi, di Sandrino con la maglia nerazzurra dell’Inter e di Ferruccio con quella verde del Venezia. Poi, forse per ringraziare quei “giovani” che non hanno provato la gioia di vederlo giocare laggiù, fa il gesto che gli era solito quando il trombettiere del Fila suonava la carica per ricordare che il tempo della ricreazione era finito; si rimbocca le maniche della maglia, alza la testa, fissa serio l’orizzonte davanti a sé e riprende a calpestare quel prato verde celestiale, dove i ciuffi d’erba non muoiono mai. Ogni partita una nuova figurina che, manco a dirsi, va a ruba.

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